Perché rimettere in funzione la ruota degli esposti?
La ruota degli esposti non è una “𝑚𝑖𝑠𝑢𝑟𝑎 𝑑𝑖 𝑢𝑙𝑡𝑖𝑚𝑎 𝑖𝑠𝑡𝑎𝑛𝑧𝑎": compito delle istituzioni è fare in modo che questo non accada, non certo quello di offrire una opzione alternativa alla legalità
Il 15 aprile in IV commissione consiliare comunale a Perugia, è stato approvato un ordine del giorno, presentato dalla maggioranza, che prevede la riapertura di quella che viene erroneamente chiamata “culla per la vita” dalle associazioni antiabortiste che ne hanno sempre chiesto la riattivazione. A Perugia la ruota degli esposti esiste da più di dieci anni, anche se da tempo in disuso, nessun bambino è mai stato lasciato in quel dispositivo, è situata all'interno di un residence privato ed è sempre stata gestita e pubblicizzata dal Movimento per la vita di Perugia che ieri, in audizione nella figura del presidente De Vincenzi, ha rinnovato la disponibilità a sostenere i costi per la riattivazione e la manutenzione del dispositivo, ormai da tempo in disuso. Non ci saremmo mai aspettate, a neanche un anno dalle elezioni comunali, che a chiedere il ripristino di uno strumento arcaico e pericoloso potessero essere proprio le forze progressiste che hanno vinto le scorse elezioni comunali a Perugia. Mai ci saremmo aspettate una scelta politica di tale natura da parte di chi oggi siede nei banchi della maggioranza e che, fino a ieri, insieme a noi, ha sempre avuto una posizione chiara sulla ruota degli esposti, dispositivo pericoloso non solo per la sicurezza del/della neonato/a, ma anche per quella della madre che, di fatto, viene lasciata sola prima e dopo il parto. Quelle che oggi vengono chiamate “culle per la vita” non hanno una normativa nazionale che ne chiarisca la regolamentazione, ne uniformi le caratteristiche e ne consenta il monitoraggio, sia per quanto riguarda la loro reale presenza sia per il loro effettivo funzionamento. Eppure, ciclicamente se ne parla, perché legate a fatti di cronaca come nel caso del neonato trovato morto all'interno di una “culla termica” nella chiesa di San Giovanni Battista a Bari ad inizio anno. Come si dovrà sentire oggi quella donna che ha scelto di lasciare il proprio figlio in una culla “per la vita” dove poi ha trovato la morte? Come si dovrà sentire oggi quella donna pensando al proprio bambino che moriva in solitudine e per ipotermia? Come si dovrà sentire pensando di aver fatto una scelta che avrebbe dovuto garantirle l'anonimato e invece la sua storia è finita su tutte le testate giornalistiche e la procura di Bari ha aperto un fascicolo per abbandono di minore? La ruota degli esposti non è una “𝑚𝑖𝑠𝑢𝑟𝑎 𝑑𝑖 𝑢𝑙𝑡𝑖𝑚𝑎 𝑖𝑠𝑡𝑎𝑛𝑧𝑎, 𝑝𝑒𝑛𝑠𝑎𝑡𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑐ℎ𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑟𝑖𝑒𝑠𝑐𝑒 𝑛𝑒𝑚𝑚𝑒𝑛𝑜 𝑎𝑑 𝑎𝑟𝑟𝑖𝑣𝑎𝑟𝑒 𝑖𝑛 𝑜𝑠𝑝𝑒𝑑𝑎𝑙𝑒” perché compito delle istituzioni è fare in modo che questo non accada, non certo quello di offrire una opzione alternativa alla legalità, non è un “𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑣𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑟𝑒𝑠𝑖𝑑𝑢𝑎𝑙𝑒”, non è “𝑢𝑛 𝑢𝑙𝑡𝑖𝑚𝑜 𝑎𝑝𝑝𝑖𝑔𝑙𝑖𝑜” o “𝑢𝑛𝑎 𝑝𝑜𝑟𝑡𝑎 𝑎𝑝𝑒𝑟𝑡𝑎”, come abbiamo sentito dire in commissione da esponenti della maggioranza, ma è esattamente il contrario: 𝐥𝐚 𝐫𝐮𝐨𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐞𝐬𝐩𝐨𝐬𝐭𝐢 𝐞̀ 𝐮𝐧𝐚 𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐢 𝐜𝐡𝐢𝐮𝐝𝐞 𝐢𝐧 𝐟𝐚𝐜𝐜𝐢𝐚 𝐚𝐝 𝐮𝐧𝐚 𝐝𝐨𝐧𝐧𝐚, 𝐞̀ 𝐮𝐧𝐚 𝐢𝐬𝐭𝐢𝐭𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐜𝐞𝐠𝐥𝐢𝐞 𝐝𝐢 𝐧𝐨𝐧 𝐯𝐞𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐜'𝐞̀ 𝐝𝐢𝐞𝐭𝐫𝐨 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐚 “𝐬𝐜𝐞𝐥𝐭𝐚”, 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐨𝐫𝐚 𝐟𝐨𝐬𝐬𝐞 𝐫𝐞𝐚𝐥𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐥𝐚 𝐬𝐜𝐞𝐥𝐭𝐚 𝐝𝐢 𝐮𝐧𝐚 𝐝𝐨𝐧𝐧𝐚 𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐨, 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐮𝐧𝐚 𝐟𝐨𝐫𝐦𝐚 𝐝𝐢 𝐯𝐢𝐨𝐥𝐞𝐧𝐳𝐚. 𝐂𝐨𝐦𝐩𝐢𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐮𝐧𝐚 𝐢𝐬𝐭𝐢𝐭𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞̀ 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐨𝐥𝐭𝐚𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐦𝐮𝐨𝐯𝐞𝐫𝐬𝐢 𝐝𝐞𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐜𝐨𝐧𝐟𝐢𝐧𝐢 𝐧𝐨𝐫𝐦𝐚𝐭𝐢𝐯𝐢 𝐛𝐞𝐧 𝐩𝐫𝐞𝐜𝐢𝐬𝐢, ma anche promuovere e diffondere campagne di informazioni sul funzionamento del parto in anonimato poiché il nostro ordinamento prevede, per la donna che partorisce, il diritto di non riconoscere il neonato/a e di mantenere quindi la segretezza del parto (art. 30 co. 1 d.p.r. n. 396/2000). La legge consente alla partoriente che non desidera o non può riconoscere il proprio figlio/a di recarsi in ospedale per il parto, di ricevere per sé e per il /la nascituro /a ogni opportuna cura ed assistenza e di ottenere, in modo del tutto libero e legittimo, di non figurare sui documenti del/della neonato/a, mantenendo cosi segreta la propria identità. L'ordine del giorno presentato ieri in commissione parla anche del parto in anonimato, ma si evince chiaramente, dal tenore letterale dell'atto e anche dalle comunicazioni istituzionali che ne sono seguite, che obiettivo primario dei proponenti era ed è la riattivazione della ruota, pertanto, utilizzare strumentalmente il tema del parto in anonimato al solo scopo di dare una cornice normativa ad un atto ideologico, ci ha lasciate basite. Durante la discussione in Commissione non abbiamo sentito in nessuno degli interventi di maggioranza spiegare perché tali dispositivi non debbano essere incentivati e/o addirittura rimessi in uso da parte delle pubbliche amministrazioni: queste devono necessariamente muoversi dentro confini normativi precisi e non cedere a retaggi ideologici e oscurantisti su temi così importanti. 𝐋𝐞 𝐢𝐬𝐭𝐢𝐭𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐧𝐨𝐧 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐦𝐚𝐧𝐝𝐚𝐫𝐞 𝐦𝐞𝐬𝐬𝐚𝐠𝐠𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐚𝐝𝐝𝐢𝐭𝐭𝐨𝐫𝐢, 𝐢𝐥 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐨 𝐢𝐧 𝐚𝐧𝐨𝐧𝐢𝐦𝐚𝐭𝐨 𝐧𝐨𝐧 𝐩𝐮𝐨̀ 𝐢𝐧 𝐚𝐥𝐜𝐮𝐧 𝐦𝐨𝐝𝐨 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐜𝐜𝐨𝐬𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐚𝐥 𝐫𝐢𝐩𝐫𝐢𝐬𝐭𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐮𝐨𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐞𝐬𝐩𝐨𝐬𝐭𝐢, 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐢 𝐩𝐮𝐨̀ 𝐝𝐢𝐫𝐞 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐝𝐨𝐧𝐧𝐞 𝐚𝐯𝐞𝐭𝐞 𝐝𝐢𝐫𝐢𝐭𝐭𝐨 𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐨𝐫𝐢𝐫𝐞 𝐢𝐧 𝐚𝐧𝐨𝐧𝐢𝐦𝐚𝐭𝐨 𝐞 𝐢𝐧 𝐬𝐢𝐜𝐮𝐫𝐞𝐳𝐳𝐚, 𝐦𝐚 𝐬𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐥𝐨 𝐟𝐚𝐭𝐞 𝐩𝐨𝐭𝐞𝐭𝐞 𝐚𝐛𝐛𝐚𝐧𝐝𝐨𝐧𝐚𝐭𝐞 𝐢𝐥 𝐯𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨/𝐚 𝐛𝐚𝐦𝐛𝐢𝐧𝐨/𝐚 𝐢𝐧 𝐮𝐧 𝐝𝐢𝐬𝐩𝐨𝐬𝐢𝐭𝐢𝐯𝐨. Abbiamo bisogno di chiarezza e di rispondere concretamente ai bisogni che derivano della tutela salute sessuale e riproduttiva di tutte e tutti, abbiamo bisogno di politiche che sostengano concretamente le scelte libere e autodeterminate delle donne, abbiamo bisogno che vengano riattivati i consultori e non le ruote degli esposti, abbiamo bisogno di una politica che investa risorse nell'educazione sessuale delle nuove generazione e nella contraccezione libera e gratuita. Chiediamo alle istituzioni, in particolare quando si professano democratiche, laiche e progressiste di non abbandonarsi a trovate ideologiche oscurantiste come accaduto ieri in IV Commissione. 𝐋'𝐨𝐫𝐝𝐢𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐨 𝐚𝐩𝐩𝐫𝐨𝐝𝐞𝐫𝐚̀ 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐢𝐧 𝐂𝐨𝐧𝐬𝐢𝐠𝐥𝐢𝐨 𝐜𝐨𝐦𝐮𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐞 𝐧𝐨𝐢 𝐫𝐞𝐬𝐭𝐞𝐫𝐞𝐦𝐨 𝐚 𝐯𝐢𝐠𝐢𝐥𝐚𝐫𝐞 𝐚𝐟𝐟𝐢𝐧𝐜𝐡𝐞́ 𝐧𝐨𝐧 𝐯𝐞𝐧𝐠𝐚 𝐫𝐢𝐚𝐩𝐞𝐫𝐭𝐨 𝐮𝐧 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐢𝐝𝐢𝐨 𝐚𝐧𝐭𝐢𝐚𝐛𝐨𝐫𝐭𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐧𝐞𝐥 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐭𝐞𝐫𝐫𝐢𝐭𝐨𝐫𝐢𝐨, un presidio che non ha nulla a che fare con la tutela della salute pubblica. Abbiamo assistito ad una discussione che ha messo in luce la confusione, l'ignoranza e l'approssimazione di tutte le forze politiche nell'affrontare un tema così importante e delicato. 𝐍𝐨𝐧 𝐚𝐯𝐞𝐯𝐚𝐦𝐨 𝐛𝐢𝐬𝐨𝐠𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐚𝐜𝐨𝐥𝐨.
UDI Perugia - Unione Donne in Italia
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