Le chiese italiane sono così ricche di opere d'arte che alle loro vetrate difficilmente si dà più di una fugace occhiata. Eppure il loro disegno è spesso dovuto alla mano di artisti notevoli mentre la fattura un esempio di arte, perizia artigiana e nel caso delle più monumentali architettonica. Per il solo fatto che nonostante la loro gracilità siano arrivate fino a noi meriterebbero l’attenzione che Paolo Ficola, fotografo in costante colloquio con l'arte, ha dedicato alla quattrocentesca monumentale vetrata di San Domenico a Perugia. Capolavoro tardogotico del fiorentino Mariotto di Nardo cui si devono i disegni che hanno tradotto in immagini la volontà del donatore Giacomo della ricca e nobile famiglia perugina dei Graziani e il messaggio iconologico-religioso dei domenicani indicatogli da fra' Bartolomeo da Perugia.
Con il suo costolone centrale che come un albero secolare va verso l'alto terminando nella cimasa con la sua chioma sintetizza la volontà di mostrare il lignaggio di una famiglia, l'esaltazione dell'ordine Domenicano e, pur nella sua grandiosità, l'intimità di un ex voto al proprio santo protettore.. Dal basso verso l'alto è come un andare in Paradiso. Con le storie di san Giacomo Maggiore nella predella prosegue con sante martiri che fanno tanta tenerezza con le loro palme in mano pensando che alle donne, allora come oggi, vengono chiesti sacrifici supplementari; poi i dottori della Chiesa compreso il domenicano san Tommaso d'Aquino; i fondatori dell'ordine domenicano San Domenico e san Pietro martire accanto ai santi "perugini" Ercolano e Lorenzo; per proseguire fino al Paradiso con san Pietro e san Paolo, l'Annunciazione, san Giacomo con il donatore, san Giovanni evangelista.
Un monumento di vetro che dimostra che l'arte ha una sua forma di resistenza al tempo che passa. Voluto da un perugino, dettato a Mariotto di Nardo da un frate perugino, restaurato a Perugia nell'Ottocento da Francesco Moretti, consolidato nel Novecento dall'ingegnere Sisto Mastrodicasa cui Paolo Ficola si è dedicato non tanto per farci vedere com'è ma per esprimere attraverso le sue luminose immagini sé stesso, la sua idea di arte e di come vada fotografata
Guardando quei santi fotografati si ha la possibilità di osservare da vicino particolari a grandezza naturale. Soprattutto di riflettere su cosa abbiano suscitato in Ficola, su come il suo occhio e la sua mente abbiano visto la vetrata, sul perché alla ricerca di purezza abbia deciso di restituirla senza le strutture metalliche di rinforzo. Ed anche su come noi ci siamo rapportati, ci rapportiamo, ci rapporteremo con questa opera d'arte e con la chiesa di San Domenico. Una grande chiesa che vista da lontano pare un transatlantico arenato su Perugia, dove d'ora in poi si potrà entrare con animo diverso attenti a quel colorato grande finestrone nell'abside. Lo chiamano la "Vetrata del paradiso". Mai nome fu più appropriato, è lì non solo per dare luce a una grande sala ma per illuminarci.
Nitide fotografie alte quasi 3 metri di una forza suggestiva unica che esaltano pure l'aspetto monumentale e architettonico della vetrata ulteriore conferma che l'arte e l'architettura, in particolare quella Umbra, sono soggetto privilegiato nella fotografia di Paolo Ficola "disvelate" a Perugia alla ex chiesa della Misericordia in via Oberdan 54 dal 10 settembre al 20 ottobre. Per ”La vetrata disvelata" una bella mostra di interesse storico-artistico che, almeno in parte, rivela anche ai non appassionati di fotografia e ai non addetti ai lavori un interprete coerente e rigoroso dell'arte del fotografare l'arte di accertata qualità come Paolo Ficola.
Serve pure a riflettere (anche questa è una funzione dell'arte) sull’uso e sul ruolo che potrebbe avere la “Sala della Misericordia”. Non una sala della quale basta chiedere l’autorizzazione ad averla ma uno spazio dinamico, accessibile che offra nuove opportunità di produzione artistica o confermi quelle già consolidate con artisti di ambito locale e regionale all’interno di "Palazzo della Penna - Centro per le arti contemporanee ", che la integra nella sua programmazione mantenendole, senza scendere nel popolaresco, la sua anima popolare e il dialogo con il pubblico che sono forse la caratteristica principale della sala.