Per evitare incrementi generalizzati e immotivati delle tasse, come fatto di recente dalla Regione Umbria, basterebbe colpire pesantemente soltanto gli intoccabili, ossia chi tuttora gode di rendite parassitarie, come i titolari di lucrose concessioni (acque minerali, idroelettrico, etc.).
E tagliare al contempo l'ingente spesa pubblica improduttiva (costi della pubblica amministrazione fuori controllo, costi della politica mai tagliati, costi delle partecipate, investimenti assurdi, milioni europei sprecati, milioni in politiche di sviluppo 'fantasia' riservati alle stesse famiglie, mega-appalti alle solite coop, etc.).
Iniziamo dai gioielli di famiglia, da sempre pressoché regalati a multinazionali del settore: le acque minerali.
Se l'acqua di rubinetto si paga almeno € 3,2 al metro cubo (compreso il servizio depurazione), cioè 0,0032 al litro, prelevare acque minerali costa agli imbottigliatori circa un terzo. Quasi nulla.
Le Regioni d’Italia, Umbria inclusa, svendono da decenni queste risorse; eppure le imprese del settore portano via acqua ancor più pregiata di quella della rete pubblica. Monetizzando alla grandissima.
Bene sapere che il 90% dei costi delle imprese delle acque minerali consistono in pubblicità e trasporto delle bottiglie, mentre le Regioni continuano a incassare ben meno dell'1% del fatturato di tali aziende.
Così i danni si moltiplicano: la Regione riceve quattro spiccioli, che forse non bastano nemmeno a coprire gli stipendi di dirigenti e funzionari del settore nell'Ente.
Per legge, poi, la Regione destina soltanto il 30% (dei quattro spiccioli) ai diversi Comuni interessati dalle concessioni. Tipo la scissione dell’atomo. L’importante è non disturbare mai la lobby delle acque minerali, che si avvale del supporto dei media, nonché di innumerevoli politici di tutti i partiti, e di alcuni sindacalisti.
Se però il canone passasse dall'odierno millesimo di euro al litro (0,001, oltre Istat) a un centesimo di euro al litro (0,01), la nostra Regione incasserebbe circa € 14-15 milioni di euro al litro (contro poco più del milione attuale), € 140-150 milioni in dieci anni. E ci sarebbero risorse significative per aiutare i Comuni, taluni con aree devastate dall'uso intensivo e distorto della concessione (il cui recupero ambientale è poi assurdamente a carico di tutti noi).
Se aumentassimo da € 0,001 a € 0,01 al litro, nessuna conseguenza per i consumatori: ad esempio, la sola Rocchetta, a seconda della tipologia, viene già venduta da un minimo di € 0,20 a ben € 2 al litro!
Come dire: la Regione cede l'acqua a 1; e la multinazionale la rivende minimo a 200!!!
Se invece passassimo dal nulla odierno (0,001) a due centesimi di euro al litro (0,02), come richiesto da alcuni analisti, entrerebbero in Regione circa € 30 milioni all'anno.
La Regione dunque ha già perso fino a € 300 milioni in dieci anni: certo, se aumentassimo decisamente questi risibili canoni, poi le compagnie delle acque minerali protesterebbero, minacciando licenziamenti e ritorsioni varie, con l'appoggio di forze sociali e stampa, essendo i principali editori profumatamente pagati dagli imbottigliatori, con continue e ossessive pubblicità (con testimonial di grido, quali Miss Italia, Hunziker, Cucinotta, Del Piero, etc.).
Tra debolezza e pavidità della politica vince il solito sistema corporativo italico: non si fa niente. Molto più facile alzare le tasse al popolino.
Così nulla cambierà per le multinazionali, grazie ai tanti che, dentro le Istituzioni, le tutelano e le ingrassano ancora
Marco Sansoni e Andrea Liberati