17/10/2025
direttore Renzo Zuccherini

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Per una legge elettorale regionale democratica
La legge regionale vigente presenta forti aspetti di non democraticità



 
La legge regionale vigente, approvata nel 2010 e modificata nel 2025, che disciplina l’elezione del Presidente e dei consiglieri regionali, nei limiti dei principi fondamentali stabiliti nella legge statale n. 165 del 2004, presenta forti aspetti di non democraticità.
Il primo consiste nella previsione di un premio di maggioranza più che assoluta a favore della lista o della coalizione che ha sostenuto il Presidente vincente. In sostanza la composizione dell’Assemblea è determinata dal voto ottenuto dal Presidente, per la cui elezione non è richiesta né la maggioranza assoluta dei voti né un turno di ballottaggio qualora nessun candidato raggiunga una determinata soglia (fissata in Toscana al 40% dei voti). Ciò produce fin dal momento della sua formazione una subordinazione genetica dell’Assemblea, la quale viene poi accentuata dalla previsione del suo scioglimento automatico qualora approvi una mozione di sfiducia contro il Presidente, il che avviene anche in seguito alle dimissioni e in caso di rimozione, impedimento permanente o morte dello stesso. La dipendenza dell’Assemblea dal Presidente è accentuata dalla esclusione del “voto disgiunto”, vale a dire del diritto dell’elettore di dare due voti distinti a una lista e a un candidato-Presidente, come avviene per i Comuni con più di 15000 abitanti. Ciò pregiudica la libertà del voto in quanto il voto dato solo ad una lista viene automaticamente attribuito al candidato a questa collegato anche contro la volontà dell’elettore.
Il secondo aspetto antidemocratico deriva dal fatto che l’attribuzione del premio non è ancorata al raggiungimento di una percentuale di voti e quindi in teoria può andare a vantaggio anche di una lista o coalizione che abbia ottenuto una maggioranza relativa esigua, come potrebbe verificarsi qualora una forza politica non coalizzata ottenesse un significativo numero di voti. Ciò è in contrasto con gli orientamenti stabiliti dalla Corte costituzionale nelle due sentenze (la n. 1 del 2014 e la n. 35 del 2017) che hanno dichiarato l’illegittimità del premio previsto nelle leggi elettorali nazionali (rispettivamente per il Porcellum del 2005 e per l’Italicum del 2015), in quanto violavano l’obbligo di stabilire una soglia minima e consistente di voti per ottenerlo.
Il terzo aspetto negativo riguarda l’entità del premio che è di dodici seggi su venti a favore della coalizione collegata al Presidente vincente, al quale si aggiunge un ulteriore seggio dato a quest’ultimo, il che attribuisce alla coalizione premiata il 62% dei seggi (tredici su ventuno). Anche qui viene ad essere violata la giurisprudenza della Corte costituzionale la quale ha sancito che il premio non può essere tale da determinare una compressione eccessiva dei principi della rappresentatività e dell’eguaglianza del voto, i quali valgono non solo per il Parlamento nazionale, ma anche per le assemblee regionali, organi rappresentativi delle rispettive comunità. A ciò si aggiunge un anomalo “premio di minoranza” assegnato al candidato-Presidente arrivato in seconda posizione che riduce da otto a sette il numero dei seggi attribuiti alle liste di opposizione, anche non coalizzate, innalzando la percentuale necessaria per aver un seggio a vantaggio delle liste più forti.
Un quarto aspetto non democratico è la soglia di sbarramento del 2,5% necessaria per accedere alla ripartizione dei seggi che vale solo per le liste appartenenti alla coalizione di maggioranza (mentre per le altre è molto più alta dato il numero ridotto dei seggi a disposizione) e solo nell’ipotesi che il primo partito della coalizione abbia conseguito dieci seggi. Inoltre va sottolineato che di fatto la soglia è più alta in quanto per il suo calcolo vengono conteggiati non solo i voti di lista ma anche quelli dati alla persona del Presidente.
Infine, il sistema attuale comprime la rappresentatività dei territori per effetto della previsione del collegio unico regionale e del numero ridotto di consiglieri, il che fa sì che territori importanti rimangano privi di rappresentanza all’interno dell’Assemblea. Ora, il principio di una rappresentanza unitaria volta a esprimere gli interessi generali della Regione deve essere contemperato con la garanzia di una adeguata rappresentanza territoriale. La questione fu posta nel 2015 nella Commissione Statuto su iniziativa del Consiglio comunale di Gubbio che prevedeva l’attribuzione di dieci seggi in collegi uninominali (con un’ampiezza tra 75000 e 100000 abitanti) e degli altri dieci nel collegio regionale unico con sistema proporzionale, ma non ebbe seguito.
Occorre quindi cambiare la legge elettorale, prendendo in considerazione l’ipotesi di un sistema proporzionale (compatibile anche con l’attribuzione della metà dei seggi in collegi uninominali), senza alcuna soglia di sbarramento, non giustificata per il numero ridotto dei consiglieri, senza un premio di maggioranza attribuito a una lista o coalizione che non ottenga la maggioranza assoluta dei voti, con ripartizione dei seggi dell’Assemblea autonoma rispetto all’elezione del Presidente e infine con mantenimento della doppia preferenza di genere per i seggi attribuiti alle liste e garanzia di una limitazione di genere per la candidature nei collegi uninominali.
Micropolis ritiene, al pari di varie associazioni progressiste e rappresentative della società civile, che il sistema elettorale vada rivisto prima degli ultimi due anni della consiliatura, nei quali inevitabilmente le scelte in materia sono condizionate dagli interessi congiunturali di partiti e coalizioni. L’Assemblea regionale in tempi rapidi può dare vita con legge a una Commissione speciale per la modifica della legge elettorale, che dovrebbe essere aperta all’apporto di studiosi e prevedere la consultazione dei soggetti istituzionali, sociali e culturali, come stabiliva la legge n. 5 del 2020 istitutiva dell’ultima Commission Statuto. A loro volta le associazioni dovrebbero seguire con attenzione gli sviluppi della questione senza escludere il ricorso a una legge di iniziativa popolare che in base alla legge n. 14 del 2010 richiede la sottoscrizione di tremila elettori dell’Assemblea regionale.



Redazione di Micropolis

Inserito mercoledì 8 ottobre 2025


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