La scomparsa di Vanni Capoccia
“Un amico di Dino Frisullo”; e della rivista "L’altrapagina". Ma desidero ricordarlo come amico
Nella foto: Asiago, 2007. Vanni è di fronte a Mario Rigoni Stern
E amico anche della rivista "L’altrapagina"! Da alcuni anni la leggeva sempre e me ne parlava bene. Gli piaceva molto, tant’è che alla stessa diede il suo contributo, in particolare proponendo un dossier sul perugino Aldo Capitini, pacifista e libero pensatore un po’ come lui stesso, e per il quale scrisse il suo articolo cui teneva moltissimo. E a questa rivista, anche a questa rivista preferirei affermare, diede utili e mirati suggerimenti, grazie alla sua passione, alla sua attenzione, alla sue acute e pacate ma a volte energiche riflessioni, alla sua voglia e volontà a collaborare, a con-partecipare, per usare un verbo caro a Capitini, di cui Vanni era uno strenuo sostenitore. “Mente appassionata”, come lo hanno immediatamente ricordato, ha da sempre difeso la sua città, di cui ne era profondo conoscitore e un non ingenuo innamorato; era infatti guardata con spirito critico, sagace, costruttivo, vivace, responsabile e, perché no, anche ironico. Non mi è facile sottolineare le sue preziose ancorché garbate qualità, avendo altri, prima di me, omaggiatolo in maniera ampia e profonda, in particolare per la speciale devozione per la sua città, Perugia, che ha sempre cercato di difendere e valorizzare nel suo patrimonio storico, artistico, urbanistico, con un costante richiamo ai valori del civismo pubblico attraverso brevi articoli su periodici cartacei e online (non soltanto locali), su riviste, giornali e piattaforme varie, e suggerendo agli amministratori e ai politici della città, consigli, indirizzi operativi, modalità pratiche e costruttive per migliorare la qualità del vivere collettivo. Non voglio pertanto ricordarlo come cittadino, presente e attivo nella comunità locale, seppure non disattento a quanto poteva accadere nella nostra Regione e più ancora al di fuori di essa, né come già socio sostenitore della Società di Mutuo Soccorso, cui diede un importante contributo, né per la sua cultura, lui, Vanni, che sapeva parlare e scrivere di letteratura, di poesia, di pittura... A questo ci hanno pensato tanti altri. E non è difficile trovarne le testimonianze. Io desidero ricordarlo come amico, amico da lunghissima data, dai tempi della contestazione giovanile agli anni delle belle escursioni montane, dalle discussioni sulla musica popolare di tradizione orale al nostro impegno nel sociale a più ampio spettro inteso. Ci volevamo bene e ci stimavamo! Lo ricordo sotto la corona d’alloro che ogni anno poniamo a fianco della targa per Dino Frisullo (tra i primi a volerla, sollecitarla e infine vederla appesa, là dove partì e parte la “Marcia per la Pace e la Fratellanza dei popoli”), a ricordarlo come un esempio unico di pacifista con la P maiuscola. E alla memoria di Dino così come, prima, alla memoria di Enzo Baldoni, Vanni, lo scrivente e gli altri amici più stretti, abbiamo promosso anni addietro, grazie a iniziative sociali e culturali varie (con Vanni in prima linea), la realizzazione di due infermerie presso altrettanti piccoli ospedali in terra d’Africa, sostenuti da Ong italiane e perugine. E altro ancora. Nella foto, Vanni, con al suo fianco sinistro la fidata moglie Patrizia, è sorridente e felice nel dialogare con Mario Rigoni Stern (siamo a casa del figlio Gianni, da allora caro amico e profondo stimatore di Vanni) che avemmo la fortuna di conoscere; Mario Rigoni, il cui impegno ecologico, civile e il cui sentimento della cura dei luoghi, la natura in particolar modo, erano da Vanni, e con Vanni da noi tutti, apprezzati, approvati, con-partecipati. Ma non posso dimenticare come proprio tutta l’opera letteraria di Rigoni sia stata dal nostro Vanni intensamente e intelligentemente analizzata e recensita, per noi, tra noi, con noi, con il suo garbo, quasi con dolcezza, con il suo rigore culturale ma con spirito semplice e sincero, al pari dell’”uomo e scrittore di montagna”. Vanni leggeva molto, con accortezza e sagacia; amava avere in mano un libro, prima di leggerlo lo soppesava, lo sfogliava, lo annusava; ne amava il suono della carta, i libri lo possedevano e dai libri, quelli apprezzati, ne era posseduto, si immedesimava in essi, a tal punto da tenerseli stretti stretti a sé e quasi rifiutare di prestarli anche agli amici più sicuri. Ma lo si perdonava per questa debolezza; a noi bastavano i suoi suggerimenti e facevamo tesoro dei suoi giudizi, tutt’altro che banali o superficiali. Vanni mi lascia orfano di una piccola ma importante parte di me stesso, e ne ho voluto presentare l’immagine non da solo ma insieme agli altri, a noi, proprio perché era non una persona isolata, come ultimamente poteva talora forse apparire, bensì sempre partecipe e critico, impegnato socialmente e pronto a rimettersi in gioco (e, non dimentichiamolo, un amore unico lo legava alla famiglia, e ciò gli fa ulteriormente onore).
Daniele Crotti
|