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«Fermiamo la lobby carbone-petrolio o avremo centinaia di milioni di vittime»
Intervista a Fred Pearce

Fred Pearce intervistato da Federica Fantozzi

da L'Unità del 23 settembre 2009


(lettura suggerita da Vanni Capoccia)

Fred Pearce, giornalista inglese, collabora con Independent e Guardian ed è consulente ambientale del New Scientist. Con il suo ultimo libro «Confessioni di un ecopeccatore» (Edizioni Ambiente) sarà a Ferrara ospite del Festival di Internazionale il 3 ottobre prossimo.

Ha visto il documentario «The age of stupid»? Crede anche lei che se non invertiamo la tendenza delle emissioni di Co2 saremo estinti entro il 2055?

«Ne ho sentito parlare, ma non l’ho visto. Il punto è che c’è un incognita sui rischi: il cambiamento climatico può accelerare in modo incontrollato. Se la temperatura planetaria sale, il suolo e le foreste inizieranno a rilasciare Co2 in modo spontaneo. A quel punto non potremo più fermare il processo. Non è lo scenario più probabile ma è possibile».


Allora l’umanità è vicina al capolinea?

«Non credo che ci estingueremo, ma moriranno centinaia di milioni di persone. Se succederà, non lo sanno neppure gli scienziati. L’onesta verità è questa. Dobbiamo cercare di minimizzare i rischi, come insegna il film».

Dopo il mezzo flop di Kyoto, crede che la conferenza sul clima di Copenhagen a dicembre possa essere un successo?

«Non sono d’accordo sulle premesse: Kyoto è stato un piccolo passo, 12 anni dopo ne serve uno molto più grande. Ora sappiamo molto di più sui pericoli che corriamo e disponiamo di tecnologie non così costose. Non abbiamo scuse».

Crede che politici e leader globali condividano le sue preoccupazioni? Che siano motivati a intervenire?

«No, in realtà no. Stanno imparando ma troppo lentamente. Però possiamo e dobbiamo essere ottimisti. È sbagliato dire che la situazione sia irreversibile».

Il documentario di Franny Armstrong, più che altro, avverte che c’è pochissimo tempo per affrontare la situazione.

«Sì. È così».

Quali sono gli altri rischi ambientali, oltre all’effetto serra?

«La distruzione della foresta pluviale, gli incendi, l’inquinamento di ogni genere. Ma il cambiamento climatico è “il problema globale” e lo sarà per il prossimo secolo. Tocca tutti. È diverso perché sconvolge l’intero pianeta mentre gli altri sono fenomeni locali. Abbiamo
30-40 anni per smettere di bruciare carbone e petrolio. È molto semplice ».

Per il suo libro lei ha girato 20 Paesi in 2 anni inseguendo la storia dei nostri oggetti quotidiani. In Sudafrica nelle miniere da cui si estrae l’oro delle fedi nuziali. In Cina nelle fabbriche dove si assemblano 70milioni di pc l’anno. Quale esperienza l’ha colpita di più?

«Il Lago Aral in Uzbekistan. Si è quasi seccato a causa delle coltivazioni di cotone per i nostri vestiti. Una t-shirt equivale a 50 docce. La maggioranza del lago è ormai asciutta, ed è un disastro non solo ecologico ma umano. Sale e pesticidi entrano nell’aria avvelenando
la gente. Gli uomini si ammalano, i bambini non succhiano il latte materno perché troppo salato. Chi ha vestiti con l’etichetta del Bangla Desh, sappia che probabilmente vengono da lì».

Gli orti urbani sono un divertissement o avranno un impatto reale sull’agricoltura?

«Sono già molto importanti. Nelle città si coltiva a lato delle strade, nei terreni liberi. 1/5 del cibo totale è prodotto così. E succederà sempre di più: ottime verdure di produzione locale».

Tre consigli per smettere di essere un eco peccatore.

«Primo: volare meno. Non più di 1-2 volte l’anno. Secondo: comprare equo e solidale ma con attenzione che lo sia davvero e non renda gli agricoltori sempre più poveri. Terzo: continuare a parlare di questi temi. Serve un nuovo stile di vita ed è compito nostro crearlo».





Inserito mercoledì 23 settembre 2009


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