19/04/2024
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Come la grande Vienna
Non abbiamo neanche un cinema, ma non è questo che serve per un festival


                                   COME LA GRANDE VIENNA

Adesso, dopo tutte queste fiere, Corso Vannucci torna quello che è sempre stato. Una strada, la più bella della città, e basta. Via i bianchi teloni dei gazebo dopo più di un mese di beata presenza, e via anche i consueti tavolini all'aperto, per quanto possibile, in attesa di qualche altro spiraglio di sole autunnale. Succede sempre così quando arriva la stagione più fredda. Corso Vannucci non è più da tempo una via, ma un ristorante all'aperto oppure il luogo privilegiato di qualche evento, grande o piccolo che sia. Le sue quinte metafisiche che si aprono e poi si restringono sulla sghemba prospettiva che porta lo sguardo lontano, verso il vuoto, dopo la piazza dell'Unità d'Italia, custodiscono uno spazio scarnificato dalla tramontana e dal tempo che non sempre è galantuomo. Corso Vannucci guarda la sua pietra serena logorata da più di trent'anni di passeggio, i suoi negozi spersonalizzati da troppi cambiamenti di destinazione d'uso e dalla padronanza sempre più diffusa delle multinazionali, l'aria stagnante tra piccoli fumi in attesa della prima tramontana, il passeggiare lento di sempre troppo poche persone quando i grandi eventi finiscono. Eppure, così com'è fatto, questo corso, attrae sempre qualcuno, c'è spesso dietro l'angolo qualche pretendente interessato.
L'ultimo tentativo è questo del tappeto rosso, red carpet, come si dice in inglese, della grande passerella naturale dove potrebbero sfilare le star internazionali del cinema per un altro festival italiano, tra Roma e Venezia, tra Cannes e Berlino. Un sogno. Non abbiamo neanche un cinema, ma non è questo che serve per un festival, quanto piuttosto "location", luoghi particolarmente suggestivi e, soprattutto, quinte e fondali che qui, in questa città di pietra, non mancano di certo. Diventeremo una città di cartapesta, apparentemente finta perché troppo vera? comunque una "location" dove qualcuno arriva, piazza per un po' le sue tende, e poi riparte? A Palazzo dei Priori assicurano che si tratta di una cosa seria alla quale stanno lavorando da più di un anno. Quindi, vale la pena di aspettare che il sogno si realizzi. Certo che è strana questa regione. A Terni ci sono teatri di posa di prim'ordine, da Papigno al Centro multimediale, francamente poco utilizzati ma, certo, non un corso come quello di Perugia e neanche chiese così suggestive come San Bevignate dove, pare, si potrebbero proiettare i film meglio che in un locale tradizionale. Magari si poteva fare un festival umbro dove, dietro le quinte della mostra, ci fosse anche un luogo di produzione, la nostra piccola Cinecittà. Ma qui ognuno va per la propria strada e Perugia è sempre Perugia, grande e bella come una regina.
Del resto, è bastata la protesta del Presidente della Provincia e di altri amministratori locali della Toscana e delle Marche davanti all'incompiuta galleria della Guinza, sul tracciato della E78, per risvegliare subito l'attenzione assopita dei perugini. La E78? e no, prima viene il nodo, la lunga variante da Collestrada a Corciano. Se si aprisse una discussione seria su quale sarebbe la priorità in materia di strade in Umbria ci sarebbe da perderci la testa. Quindi, amen, tutti possono aver ragione e anche tutti torto perché alla fine potremmo scoprire che sarebbe meglio investire sulle ferrovie o anche che, semplicemente, non c'è una lira per nessuno. Ma non è questo il punto. Sul problema della Guinza la cosiddetta Italia di mezzo si era fatta vedere. Tre regioni unite attorno a un problema meglio che la Lega del nord. Invece no, prima gli interessi locali.
Tempo fa si parlò per Perugia del modello Vienna, cioè di una grande capitale all'interno di un piccolo stato. Bella e fantasiosa immagine questa, solo che contrastava con i tanti discorsi sull'Umbria varia e diversa, sulla città regione, cioè di un territorio fatto di cento campanili solidali l'uno con l'altro all'interno di una grande rete. Non abbiamo ancora deciso cosa faremo da grandi e ognuno ha le sue preferenze. Terni sa bene che non ci vuole molto per andare a Roma. Con il treno meno che a Perugia, anzi, la metà del tempo. Perugia sa bene che la Toscana è vicina, appena oltre il Trasimeno. Chissà quale sarà il collante che potrà tenere insieme questo piccolo territorio che si chiama Umbria nell'Italia del federalismo realizzato e all'interno di quel progetto così fascinoso che è l'Italia mediana.
I fatti di ogni giorno ci dicono che in futuro, anche in Umbria, niente sarà scontato se non si sviluppano alcuni anticorpi, non solo rispetto ai tanti localismi, ma al recupero di una cultura nostra, che stiamo perdendo, e alla definizione di un modello di sviluppo economico e sociale che non sia subalterno a quello degli altri, che sia equilibrato e soddisfacente per il modo di pensare e di vivere degli italiani di questa parte d'Italia che non è nord e non è sud. In attesa, si capisce, di avere il nostro festival del cinema e di poter diventare la capitale europea della cultura. Per qualche tempo, almeno, come i teloni di Corso Vannucci, che vanno e vengono al cambiare di ogni stagione.
                                                                                                                                        renzo.massarelli@alice.it
(per sabato 13 novembre, Corriere dell'Umbria)

 



Renzo Massarelli

Inserito martedì 16 novembre 2010


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