06/12/2024
direttore Renzo Zuccherini

Home >> Trofeo Garibaldi ed Unità d’Italia, quella parziale del 1861

Trofeo Garibaldi ed Unità d’Italia, quella parziale del 1861
Risfogliando il ‘Grande album commemorativo per la raccolta delle figurine 1861 – 1961, centenario dell’Unità d’Italia’

Giuseppe Garibaldi nacque nel 1807 a Nizza, allora città italica. Eroe o ‘Supereroe’ dei Due Mondi (il nuovo, dapprima, e l’antico, o, meglio, una piccola parte di esso, successivamente [e questo a scuola non ricordo che lo avessero mai sottolineato]) che sia definito, contribuì indubbiamente, ma non saprei se in modo determinante, ma fondamentale sì, a quello che sarebbe diventato il Regno d’Italia e decenni più tardi, dopo ben due tragiche Guerre Mondiali, la Repubblica Italiana. Nel corso delle varie Guerre di Indipendenza e non, in quel guazzabuglio storico - che molti di noi male ricordano o forse neppure hanno mai compreso - di alleanze e contrasti, di tradimenti e di concordati, tra le potenze che avevano in mano o avevano invaso chi al sud, chi al centro e chi al nord, alcune non irrilevanti parti della Penisola Italiana, Garibaldi fu forse uno dei pochi a credere in una idea, onesta e pulita, e ad agire di conseguenza, con determinazione, rispetto ed umiltà. Garibaldi, allorché la sua Nizza fu scambiata, quasi fosse una figurina d’un album, con un altro pezzo del nord di quella che sarebbe diventata Italia, restò malissimo, amareggiato, disgustato, deluso.
Ieri il ‘Trofeo Garibaldi’, messo pochi anni fa’ in palio tra le squadre di rugby di Italia e Francia  (per l’appunto; fu italiano o francese il ‘nostro Garibaldi?) all’interno del ‘Torneo delle 6 Nazioni’ di questo meraviglioso sport – il più avvincente perché, a mio avviso, il più onesto, il più umano ed il più collettivo degli sport che io conosca – è stato per la prima volta vinto dalla squadra italiana: nell’anno 2011 dell’Era Volgare, nell’anno in cui tutti, tanti, forse troppi, festeggiano, celebrano ed esaltano per l’Unità d’Italia, nel suo centocinquantesimo anniversario. E noi tutti, amanti di questo sport che è un modo di giocare analogo a come si dovrebbe vivere una vera e non sempre facile vita, abbiamo esultato per questa vittoria ‘storica’: ‘apoteosi’ (cinque secondi dopo la fine della partita è la prima parola che Luca, mio figlio, mi dice chiamandomi al telefono) e commozione, abbracci tra i compagni di squadra e tra loro e tutti noi, ma anche tra giocatori rivali, rivali però soltanto e durante il gioco, in quanto amici e solidali al di fuori di questo, nella vita, nella professione, nel rispetto della persona. Leggo sulla rubrica ‘Sette giorni di cattivi pensieri’ di Gianni Mura, il giorno dopo, domenica 13 marzo, che “Tanto per cominciare, al rugby nessun voto. Troppo facile, quando si batte la Francia in rimonta. Bravi azzurri e bravo anche l’arbitro, che negli ultimi minuti, quando i francesi tiravano ad avere una punizione a favore, ha detto loro che non avrebbe abboccato” (a proposito l’unica ‘storica meta’ è stata realizzata, grazie al collettivo, dall’estremo Andrea Masi, definito poi ‘the man of the match’, ruolo di ‘estremo’ che anch’io per alcuni anni ho ricoperto nella nostra squadra del Perugia Rugby all’inizio degli anni settanta).
Torniamo al centocinquantesimo anno dell’Unità d’Italia (‘lo Zingarelli 2011’ non riporta il termine ‘centocinquantenario’), e torniamo alle ‘figurine’, al ‘Grande album commemorativo per la raccolta delle figurine 1861 – 1961, centenario dell’Unità d’Italia’. E’ un album bellissimo, come tanti album di figurine di allora, un album di 399 figurine (chissà poi perché non 400), completo che credevo di aver donato alla Scuola Media che frequentavo nel 1961 e che invece ho ritrovato nello spazio dedicati ai ‘miei ricordi’ del tempo che fu. L’Album in questione è, nell’ultima di copertina, definito come ‘meravigliosa documentazione sull’Unità d’Italia’.
Un passo indietro (o un passo in avanti?). ‘Il venerdì’ de ‘la Repubblica’ del 4 marzo 2011 è pressoché interamente dedicato ai 150 anni dell’Unità d’Italia, in un momento in cui ad un federalismo che dovrebbe unire c’è chi ‘combatte’ per un federalismo che ci vorrebbe – ancora – disunire. Voglio con voi, lettori, sfogliare di nuovo questo settimanale. Bocca cita che ‘cominciammo a capire la nostra unità diventando partigiani’; Maltese (Curzio, non la febbre) dice che se siamo ‘disuniti alla meta (ecco l’analogia con il rugby, per esempio), (e) rischiamo anche di uscire dall’Europa’, citando nel suo articolo sia la ‘splendida lezione di Benigni sull’inno di Mameli’ – giovanissimo, Goffrdo muore durante gli scontri della effimera Repubblica Romana del 1859 - nel corso dell’ultimo festival di Sanremo sia l’importanza di un film come ‘Noi tradivamo’ e la grandiosità del romanzo storico ‘I traditori’; Ceccarelli apre il suo articolo ‘L’Italia pataccara  che ha falsificato persino Garibaldi’ con queste parole: ‘Risorgimento qui, Risorgimento lì, Risorgimento sopra, Risorgimento sotto, Risorgimento fotografico, ma anche Risorgimento debitamente taroccato’; lo spiritoso ma non poi tanto articolo di Vargassola recita che se ‘ci fosse stata la Fiat avremmo avuto la spedizione della 500’; Massimo Bucchi, con la sua vignetta settimanale, è ironico quanto mordace nelle parole che scrive, concludendo con ‘Ma come si fa a celebrare i 150 quando il limite è 130’; le lettere a l’Aspesi e al Serra con le adeguate risposte vertono di fatto soprattutto su questo improvviso (improvvido per altri) ‘amor patrio’; ed interessanti sono i successivi lunghi o brevi pezzi giornalistici dei vari Cicala, Catellani Perelli, Staglianò, Griseri, Casicci, De Luna (attenti, scrive, ad ‘una falsa identità’), Smargiassi, Melati, Meletti, e tanti altri ancora. Merita attenzione infine l’articolo di Paola Zanutini con foto di Matilde Campodonico/Contrasto intitolato ‘Storie dall’altro mondo. Dove il nostro José faceva la revolución’, con un sottotitolo che ricorda il ‘viaggio nell’Uruguay, metà italiano, dove Giuseppe Garibaldi visse sette anni in esilio, con Anita e quattro figli, e combatté per la libertà. Una casa-museo (quasi sempre chiusa) racconta un’esistenza modesta’. Il citato supplemento del quotidiano riporta ancora altri flash relativi a questo evento, debbo e dobbiamo ripeterlo, indubbiamente ‘storico’. Ma non voglio annoiare il lettore.
Desidero invece riportare, perché è in fondo pur’essa è un ‘documento storico’, l’introduzione all’Album di figurine di cui sopra ho accennato, relativo all’anno scolastico 1960-1961, da parte del suo editore (Edizione B. E. A. Milano), riguardo il centenario, nel contesto di allora, dell’Unità d’Italia: “Ragazzi, amici miei, questa Italia che oggi avete la possibilità di percorrere in lungo e in largo, specie nel periodo estivo, quando i vostri genitori vi portano ai monti o al mare, non era così libera ed aperta al tempo dei vostri nonni e bisnonni ed una serie di frontiere e di posti di blocco rendeva estranei i toscani agli emiliani, i lombardi ai piemontesi, i marchigiani ai pugliesi. Furono i vostri padri, i vostri nonni e bisnonni ad operare perché l’Italia fosse invece come la vedete ora, e ciò avvenne attraverso una lunga serie di anni, nel corso dei quali congiure e guerre, lotte e sacrifici, sconfitte e vittorie prepararono ed attuarono il nostro Risorgimento. Esattamente cento anni fa, nel 1861, questo Risorgimento ebbe una sua prima conclusione, con il raggiungimento dell’Unità, della fusione dei Lombardi con i Piemontesi, con i Toscani e via via con i Romani, i Napoletani ed i Siciliani. E fu un’esplosione di gioia e di felicità [come penso in quel 25 aprile di qualche decennio addietro], che colmò di letizia anche le vostre famiglie, i padri dei vostri padri. La storia di quei lontani tempi è dunque anche la Vostra storia: le grandi battaglie che ebbero luogo sulle pianure venete o lombarde o fra i monti della Sicilia, dove magari oggi corrono le strade che voi stessi percorrete, furono le battaglie dei vostri avi e qualcuno di essi vi si coprì forse di gloria. Per queste ragioni, questo Album deve essere il «vostro» album: le illustrazioni che man mano vi applicherete [che odore meraviglioso quello della coccoina!, ho già ricordato in un’altra mia nota] costituiscono non soltanto la storia d’Italia, ma anche la storia di ogni famiglia italiana. Il Risorgimento è un’epopea di gloria che vi appartiene, che dovete conoscere ed amare. E’ conoscendo ed amando il suo Risorgimento che si conosce e si ama l’Italia”.
L’album in questione inizia con una figurina doppia di Giuseppe Mazzini e subito dopo con una gigantesca figurina di 4 pezzi separati che rappresenta la cartina geo-politica dell’Italia del 1815, e si conclude con le figurine 369, 370, 371 e 372 che rappresentano ‘la battaglia di Vittorio Veneto’ del 1918; le ultimissime 28 figurine raccontano invece la storia dell’Unità d’Italia nei francobolli. Nell’Album, Garibaldi vi compare ‘trionfante’ con la bandiera dei tre colori nella mano sinistra e la spada in quella destra, nelle figurine 271-274. La figurina 152 è invece dedicata alla morte di Anita Garibaldi con questa didascalia: ‘Qui la moglie Anita, che l’aveva coraggiosamente seguito nella guerra, muore fra le sue braccia, uccisa dalle febbri e dagli stenti. Garibaldi, inseguito dai nemici, riesce a sfuggire e a imbarcarsi per l’America’. Sappiate che Anita, pur affetta probabilmente anche dalla malaria, presente a Roma, di là dal Tevere, nel 1859, ai tempi della ‘Repubblica Romana’ (vedi in particolare le figurine 141-148 unite in un unico riquadro), morì non di malaria bensì di sepsi post-abortiva [‘sale la febbre nella laguna’…, sono le parole del bel canto ‘La morte di Anita’ di S. Liberovici]; ebbe in altre parole una febbre settica in seguito ad aborto spontaneo, conseguenza evidentemente degli stenti che dovette patire. Era infatti incinta del quinto figlio.
Beh, risfogliando questo album che conservo integro e completo, mi emoziono, ricordo e mi sorrido, ripercorro parte della nostra (e mia) storia che avevo dimenticato o confuso, e lo affianco alla copertina de ‘il venerdì’ de ‘la Repubblica’ del 4 marzo, come detto, in cui ad una esagerata trasfigurazione di un Garibaldi travestito da ‘Superman’ (ma nel 1961 v’era ‘Nembo Kid’), con berretto verde, un vestito attillato bianco e mantello con calzari rossi, si legge ‘Lega, neoborbonici e altoatesini, quelli che l’Unità non la amano…’, in alto a sinistra, e ‘A 150 anni dalla nascita, viaggio in un’Italia un po’ distratta, che ritrova un vecchio ‘mito’ della sua storia. L’unico: ‘il super Eroe dei due mondi’, in basso a destra.
Che dire ancora? Che fare di più? Sia dato merito a tutto questo, sia pur prestando attenzione a non fare inutile retorica, ma attenti a non ‘seguire una moda’ e/o a non cadere in strumentali rievocazioni storiche di una ‘storia’ che non è ancora finita, se mai finirà, anche perché, come recita un brano di una cantautore, la ‘storia siamo noi’…




Daniele Crotti

Inserito lunedì 14 marzo 2011


Commenta l'articolo "Trofeo Garibaldi ed Unità d’Italia, quella parziale del 1861"

Commenti

Nome: Nene
Commento: Non dire stupidaggini, D.. Quel furbetto di Cavour è morto anzitempo per malaria ed è stato un diplomatico assai abile (fors'anche reazionario), Mazzini, abile teorico e geniale utopista, è sempre vissuto all'estero o quasi, sia pur conprensibilmente,GG acquistò Caprera, allora a pochi soldi (era isola abbandonata), grazie ad una eredità femiliare (e vi lavorò sodo anche direttamente sinch'è l'artrite lo bloccò). V'è da discutere la scelta delle sue imprese sotto la monarchia e non per una subitanea repubblica, ma d'altronde... 'chi non fa non falla'. Comunque temo che tu, Dorothee, non abbia capito lo spirito del mio inziale intervento. Rileggilo attentamente, Grazie. E poi chiudiamo questa sterile ed inutile, temo, similpolemica.

Nome: Dorothee
Commento: Nenè Lei forse non conosce la verità. Chi credeva nell'Italia Unita è morto povero, veda Camillo Benso conte di Cavour o Mazzini, mentre Garibaldi con le sue scorribande diventò ricco, addirittura acquistò l'isola di Caprera. Comunque in Italia fa sempre comodo chiudere un occhio o addirittura due se .....

Nome: Nene
Commento: Resto sorpreso da quanto ha scritto Dorothee. Temo non abbia compreso la storia, il personaggio o, meglio, la persona di Garibaldi Giuseppe, il significato della parola mercenario, e chissà quante altre cose ancora... E non si tratta di fare retorica, celebrazioni forzate, idolatria,..., per carità, ma solo 'sapere' e 'comprendere'...

Nome: Dorothee
Commento: Per me Garibaldi è solo un mercenario.

Nome: gm
Commento: Le figurine sono bellissime. E il paragone con rugby va a pennello. Ciao, e buon lavoro.

Nome: Maria Pia Battista
Commento: Ma Garibaldi fu anche uno dei soci fondatori dell'Enpa (Ente Nazionale Protezione Animali). Perché di questo le istituzioni non parlano? Perché non lo raccontiamo ai bambini? Perché i libri di scuola non lo riportano? Forse perché questi "cittadini particolari" non vanno a votare? E se potessero votare chi voterebbero? Direi allora che un modo carino per festeggiare l'Unità d'Italia sarebbe quello di mandare un contributo economico, anche piccolo, all'Enpa e magari andare a Collestrada e portarisi via un bel gattino o un cagnolino. Non avremmo anche così un'Italia migliore? Maria Pia Battista

Redazione "La Tramontana"- e-mail info@latramontanaperugia.it
Sei la visitatrice / il visitatore n: 7380672