20/04/2024
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A proposito di Gaza e Cisgiordania, ovvero dello Stato di Palestina
...forse, il mondo si regge sulle voci dei bambini


Leggo, sulla rubrica ‘Cessate il fuoco’, nel numero di agosto di E – IL MENSILE, la seguente notizia: “Il 5 luglio scorso due cittadini di Rafah sono morti in seguito a un attacco aereo dell’aeronautica israeliana. Due caccia da guerra hanno lanciato almeno due missili contro un gruppo di attivisti palestinesi riuniti in un campo di ulivi a est di al-Musaddar, villaggio nel centro della Striscia di Gaza, a quasi 600 metri di distanza dal confine con Israele. Nel corso del raid sono morti Mohammed Abu Sa’id Jazar, di 29 anni, e Mo’ammar Abu Kamal Hamdam, di 30 anni. Un terzo attivista è rimasto gravemente ferito dalle schegge”.
E in un articolo su ‘La Repubblica’ di lunedì 8 agosto A. Cassese scrive un interessante articolo sulla questione palestinese, dal titolo ‘SE L’ONU RICONOSCESSE LO STATO PALESTINESE’ (invitando a consultare i siti www.haaretz.com e www.un.org). Nella medesima pagina Fabio Scuto, l’inviato da Gerusalemme (Al-Quds), scrive un articolo altrettanto importante: ‘Gaza. E ora la striscia si affida ai bambini’. Mi riallaccio subito allora e ancora al numero di agosto del bel mensile di Emergency, in cui, nella rubrica ‘guerra e pace’, si riporta una poesia di Gianni Rodari e una poesia, bellissima, di Tali Sorek (bambina israeliana?). Ecco la poesia di Rodari:

Promemoria
Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola a mezzogiorno.
Ci sono cose da far di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per sentire.
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra.

Ed ecco la poesia di Tali Sorek:

Ho dipinto la pace
Ho dipinto la pace.
Avevo una scatola di colori
brillanti, decisi, vivi.
Avevo una scatola di colori,
alcuni caldi, altri molto freddi.
Non avevo il rosso
per il sangue dei feriti.
Non avevo il nero
per il pianto degli orfani.
Non avevo il bianco
per le mani e il volto dei morti.
Non avevo il giallo
per la sabbia ardente,
ma avevo l’arancio
per la gioia della vita,
e il verde per i germogli e i nidi,
e il celeste dei chiari cieli splendenti,
e il rosa per i sogni e il riposo.
Mi sono seduta e ho dipinto la pace.

Allora, pur avendo sottomano ‘L’albero di sicomoro’, libro di Mohamed Salmawy (anche il sicomoro è albero molto comune in Medio Oriente), ho aperto la cassa delle mie foglie palestinesi e ho afferrato con le dita il libriccino per bambini, ma non solo per bambini, ‘COME I PINI DI RAMALLAH’, di Antonio Ferrara, ove tra David e Mohammed nasce un’intesa in quanto, forse, ‘il mondo si regge sulle voci dei bambini’, perché dal Mare di Gaza alle colline della Cisgiordania non ci possono essere muri, di nessun tipo.



Daniele Crotti

Inserito lunedì 8 agosto 2011


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