25/04/2024
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L'importante è partecipare
La partecipazione è quella cosa strana consentita a tutti ma, quanto al decidere, è tutto un altro discorso

                                             L'IMPORTANTE E' PARTECIPARE

 I consigli di circoscrizione non ci sono più ma nessuno, almeno così sembra, se ne lamenta.  Avevano pochi poteri e ancor meno disponibilità finanziarie. La loro presenza nel territorio era leggera, soprattutto nella città compatta e ancor più nel centro storico, ma rappresentava pur sempre un punto di riferimento importante nei quartieri più lontani e, tra questi,  le zone con una identità più marcata. San Sisto, per dire, o Ponte San Giovanni o, ancor di più, le frazioni della valle del Tevere dove i cambiamenti più recenti non hanno cancellato la forza di una comunità e il desiderio di autogoverno. Le circoscrizioni non hanno lasciato grandi opere, è evidente, e non hanno cambiato, quando c'erano, il modo di vivere e di riconoscersi di una città, però sono state importanti almeno per la politica nel tempo dell'assenza dei partiti nel territorio e nei quartieri. Hanno insegnato, insomma, a molta gente a discutere e a cercare soluzioni amministrative e magari a capire meglio i meccanismi della politica e il senso del rapporto tra le istituzioni e i cittadini. Qualcuno, tra presidenti e consiglieri, ha fatto anche carriera, forte dell'esperienza amministrativa acquisita e, soprattutto, della popolarità raggiunta.
Tutto sommato, è stato di certo un errore gettare al vento una lunga storia di decentramento e partecipazione  per colpa di divisioni nel consiglio comunale abbastanza surreali. Come si ricorderà, non si riuscì a trovare un accordo tra chi pensava a quattro circoscrizioni e chi a cinque. Problemi di rappresentanza territoriale e di convenienze politiche. Di sicuro questa miopia dei partiti ha tolto qualche possibilità in più alla comunità perugina di trovare strumenti di comunicazione e di allargare, per quanto è possibile in questi tempi difficili, gli spazi  della democrazia.
Questo errore pesa ora anche sulle spalle di chi ci amministra perché è sempre più difficile capire la città per chi deve amministrare e ancor di più trovare i canali che portano voti e consenso, soprattutto da quando  la politica appartiene alla pratica di gruppi ristretti. In ogni caso, in città di dimensioni medie come Perugia e con una tradizione forte di partecipazione popolare, è difficile che ogni voce si spenga e tutti i cittadini restino chiusi nelle loro case senza, prima o poi, tornare a cercare un respiro di socialità, la voglia di un protagonismo vissuto con le forme e gli strumenti del nostro tempo. Da qui lo sviluppo dell'associazionismo, quello territoriale e quello culturale, la nascita di comitati e di tante forme di aggregazione sociale, le più diverse.
 Queste nuove forme di aggregazione non hanno prodotto però nessuna primavera perugina. In qualche caso si tratta di piccole convenienze corporative interpretate da settori della società alla ricerca di un rapporto diretto con le istituzioni per contrattare piccoli favori, guardare con desiderio un palchetto in seconda fila nella gerarchia stratificata del potere, comode e innocui agenzie del cosiddetto partito del fare. Naturalmente, la rappresentazione degli interessi è sempre e in ogni caso legittima e anche utile, perché favorisce il pluralismo, ma dovrebbe muoversi, per essere efficace,  in modo autonomo e non subalterno. Poi ci sono altre voci, naturalmente, quelle più scomode per il palazzo, quasi sempre ignorate ma non per questo isolate rispetto a settori non secondari dell'opinione pubblica perugina. E questo sarebbe il partito del no.
Allora, che fare? Al Palazzo serve altro e qualcosa di più. E' così che è nata, nelle stanze nobili del comune, l'idea di nominare quattro consiglieri, di maggioranza, si presume, e di spedirli nelle terre delle quattro circoscrizioni mancate per riallacciare i fili di un rapporto con il tessuto sociale in forte sofferenza. Nel Regno delle due Sicilie li avrebbero chiamati Vice Re. Non è questo un bel modo di praticare la democrazia e forse, ma non per questo, non se ne farà nulla. E' così, comunque, che invece di ricordarsi per quanto è possibile del "Potere di tutti" di Aldo Capitini, gli stessi che ne esaltano l'insegnamento ad ogni anniversario della marcia della pace, praticano, sempre per quanto è possibile, il potere di pochi. La partecipazione è quella cosa strana consentita a tutti ma, quanto al decidere, è tutto un altro discorso. La politica, al giorno d'oggi, deve avere tempi rapidi. Per questo non si è mai parlato così tanto di semplificazione quanto più l'esercizio della democrazia resta una pratica sempre più complessa. L'importante, appunto, è partecipare. 
                                                                                                                                                                                  renzo.massarelli@alice.it
(per il Corriere dell'Umbria, sabato 29 ottobre 2011)



Renzo Massarelli

Inserito giovedì 3 novembre 2011


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