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Un NO e molti SI'
F-35: No alla spesa militare e molti Sì ai possibili usi etici, pacifici e solidali di quel denaro

Alba Perugia (Alleanza per il Lavoro, i Beni comuni, l'Ambiente)

Martedì 16 luglio 2013 il Senato ha approvato la mozione della maggioranza che conferma quanto già deciso alla Camera, cioè l'acquisto di 90 cacciabombardieri F35, per un costo totale di circa 12 miliardi di euro (se non ci saranno ulteriori aumenti, perché dall'inizio del programma di costruzione il loro costo è già aumentato di oltre il 50%).
Si tratta di aerei da combattimento capaci di trasportare ordigni nucleari. Le loro caratteristiche ne fanno perciò armi di attacco e non di difesa. L’Italia non dovrebbe possederne alcuno, perché la Costituzione (art. 11) vieta la guerra di aggressione e perché ha firmato il trattato di non proliferazione nucleare. Oltretutto la sovranità (l'autonomia) operativa della flotta che l'Italia acquisterà sarà limitata dal fatto che tutte le flotte di F-35 dovranno restare sempre collegate ad un sistema logistico informatizzato concepito e gestito dagli americani attraverso una grande centrale operativa (sistema Alis).
Il Canada ha già rinunciato ad acquistarli per la loro inaffidabilità tecnica, peraltro riconosciuta da alti gradi dell'aviazione italiana; la Luftwaffe  tedesca ha sostituito i suoi aerei con il sistema Eurofighter; il Regno Unito, pur essendo partner di primo livello nel progetto F35, utilizza anch'essa gli Eurofighter. Il nostro Paese no; per noi, al di sopra di ogni altra considerazione, al di sopra di ogni drammatica necessità del nostro popolo, c'è la fedeltà atlantica, o meglio, la sudditanza atlantica.
Un tenace movimento di opposizione popolare ha cercato di orientare in senso opposto il voto dei nostri rappresentanti; petizioni in rete hanno raccolto centinaia di migliaia di firme, ma il risultato non è cambiato. La distanza tra rappresentanti e rappresentati si è fatta, con questo voto, ancora più grande, incommensurabile. Il parlamento infatti ha accettato di essere esautorato dal Consiglio Supremo di Difesa, riunito all'inizio di luglio sotto la presidenza di Giorgio Napolitano, che ha stabilito (come se stesse nei suoi poteri) che la decisione finale sull'acquisto degli F35 spetta al governo e non al parlamento.
La spesa insensata che l'Italia sosterrà nei prossimi anni per compiacere l'industria degli armamenti e le velleità dell'establishment militare, non ha alcuna giustificazione.
Nell'arco di quest'anno la disoccupazione salirà al 13 %; il problema degli esodati (senza lavoro e senza pensione, quindi senza reddito, pur avendo lavorato per una vita) è tutt'altro che risolto; ogni nuova possibilità di occupazione per i giovani si risolve in lavoro precario; nel 2012 è stato erogato un miliardo di ore di cassa integrazione e hanno chiuso i battenti 146.000 imprese; la scuola precipita per l'impossibilità economica di fornire servizi adeguati alle sempre crescenti necessità pedagogiche; il sistema sanitario è costretto dai tagli a diminuire le prestazioni o gli esoneri, danneggiando le fasce più deboli, i disabili, le loro famiglie; la tutela ambientale viene subordinata ai costi economici del risanamento (nel Decreto del Fare il governo ha stabilito che la fonte d'inquinamento delle falde acquifere deve essere rimossa se economicamente sostenibile da parte dell'inquinatore, altrimenti è sufficiente limitare la contaminazione). Ma i nostri governanti giudicano indispensabile rinnovare i nostri armamenti di offesa.
La guerra che si prospetta per gli italiani non è quella contro una potenza straniera, ma quella contro la fame e la miseria, il degrado ambientale e sociale, con i costi aggiuntivi che questa deriva porta con sé.
A noi pare giunto il momento di agire insieme per la difesa attiva degli interessi della collettività, facendo sentire il nostro profondo dissenso verso queste scelte politiche e negando il consenso politico ed elettorale a coloro che, per tatticismi di partito, per incomprensione della realtà, per la difesa di posizioni di privilegio, con il proprio voto nelle aule parlamentari, o col loro silenzio, si rendono quotidianamente complici di questo scempio.
Costruiamo insieme le forme e i modi della nostra risposta. Diciamo un No alla spesa militare e molti Sì ai possibili usi etici, pacifici e solidali di quel denaro.



Alba Perugia

Inserito lunedì 29 luglio 2013


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