26/04/2024
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Le case per bambini di strada
I bambini in strada ad Awassa, come in tutta l’Etiopia, vivono in condizioni pessime. La Signora Ainalem ha dedicato la sua vita a dare dignità e amore a quanti più bambini di strada possibile

Il racconto della Dottoressa Murgia volontaria di Ipo ad Awassa

Le case per bambini di strada della Ong etiope Let Us Change (Cambiamo) in Awassa, Etiopia, sono assolutamente diverse da quanto siamo abituati a immaginare come “un orfanotrofio”.  Si tratta di tre grandi abitazioni, arredate con semplicità che ospitano sessanta bambini sottratti alla vita di strada.

I bambini in strada ad Awassa, come in tutta l’Etiopia, vivono in condizioni pessime e sopravvivono elemosinando, raccattando cibo avanzato nei locali o dalla spazzatura, dormendo sotto misere protezioni di plastica, spesso pagando qualche centesimo di affitto a persone povere come loro. Per vivere spesso si riuniscono in bande, rubano, elemosinano, vengono sfruttati lavorando. In genere sono bambini orfani o che sono stati abbandonati da genitori che per povertà o incapacità non erano in grado di prendersi cura di loro. La Signora Ainalem, presidente di Let Us Change, ha cominciato la sua attività nove anni fa accogliendo come figlio adottivo un primo bambino che viveva per strada, poi ne ha accolto un secondo e infine con l’aiuto di un volontario belga ha dedicato la sua vita a dare dignità e amore a quanti più bambini di strada possibile.

Le case di Let Us Change ospitano per ora sessanta bambini in tre abitazioni, quella per i piccoli sotto i cinque anni, la casa delle bambine  e quella dei ragazzi. Ai bimbi oltre a una casa, al cibo, all’abbigliamento, a un letto dove dormire, alle cure sanitarie e alla possibilità di studiare, vengono garantiti protezione, affetto e la sicurezza di una vita in famiglia. Di altri sessanta bambini viene supportata la famiglia, facilitandole il pagamento dell’affitto di una piccola abitazione, garantendo una maggiore quantità di cibo e l’aiuto per l’accesso alle visite mediche e l’acquisto di medicinali ai bambini.

Durante la settimana di permanenza ad Awassa ho visitato con l’aiuto di un'infermiera dipendente di Let Us Change e del responsabile del progetto di Ipo, tutti i bambini ospitati nelle case famiglie e i sessanta delle famiglie supportate, oltre a numerosi adulti con piccoli e grandi problemi. Le visite sono state condotte in una piccola stanza adibita provvisoriamente ad ambulatorio, l'infermiera che ci ha aiutato era molto coinvolta nell’attività, affettuosa con i bambini, abile nel trasferire i consigli sull’alimentazione, l’igiene, e su come assumere i medicinali.

Abbiamo trovato dei bambini puliti, bene alimentati, solo due casi di malnutrizione moderata nel gruppo dei supportati. Pochi i casi di malattie cutanee, qualche caso di ritardo mentale legato allo stato di abbandono in cui questi bambini hanno vissuto nei primi anni di vita. I piccoli sono splendidi molto vivaci e sorridenti, affettuosi e sicuramente ben seguiti. L’attività mi ha come sempre regalato molto dal punto di vista umano, alcuni momenti sono stati particolarmente toccanti: il lungo colloquio con la Signora Ainalem, fondatrice e anima di questa bellissima iniziativa, l’accoglienza entusiastica e affettuosa che ci hanno riservato i piccoli quando siamo andati a trovarli nella loro casa, alcuni problemi di salute identificati e il modo di reagire dei ragazzi al dolore o alla consapevolezza di un deficit importante.

La Signora Ainalem con il suo racconto pacato ma pieno di sentimento ed emozione mi ha portato a capire come abbia raggiunto la consapevolezza di quale perdita subisca una società che lascia vivere i propri bambini per strada, di come tutti, adulti e bambini, meritino attenzione anche e soprattutto quando sembrano avere perduto la sembianza umana. Ecco pertanto la storia del recupero di una bambina che stava per essere lanciata via dalla madre psicotica, totalmente inconsapevole di quanto faceva. La polizia anziché imprigionarla ha portato madre e bambina nella struttura di Let Us Change. Adesso la bimba è felicemente accudita, la madre vive anche lei nella struttura, è in trattamento con antipsicotici ed ha recuperato gradualmente la capacità di svolgere un semplice lavoro, aiutante in cucina, guadagna uno stipendio e riesce anche a risparmiare qualche soldino. E quella del secondo bambino adottato che raccoglieva le cicche di sigaretta e le mangiava perché così non percepiva più il senso di fame, o infine quella del piccolo di due anni trovato a razzolare nel fango che viveva solo da chissà quanto tempo senza che nessuno si prendesse cura di lui, a due anni sapeva solo gattonare, raccoglieva il cibo da terra, o mangiava qualche avanzo raccolto dalla spazzatura o che gli veniva gettato, come a un piccolo animale, da altri barboni che occupavano uno spazio attorno ad una grande chiesa.

Anche in questa esperienza ho avuto modo di constatare come i bambini in Etiopia siano per la gran parte temprati al dolore e alle difficoltà della vita. Non si lamentano mai e non piangono né urlano quando gli si medicano ferite, o sono sottoposti ad altre esperienze dolorose come svuotare una raccolta di pus, al massimo lasciano scivolare sulle guance qualche lacrimone silenzioso, cosa che li rende infinitamente cari a chi cerca di aiutarli.

Questa nuova iniziativa di supporto al popolo etiope in cui Ipo mi ha coinvolto, mi ha conquistato totalmente mente e anima, dandomi una carica che voglio portare con me in Italia e trasmettere anche a chi non può venire in Etiopia, ma se ha un cuore grande può essere di aiuto. In tanti, anche stando in Italia, possiamo aiutare la Signora Ainalem a portar via dalla strada quanti più bambini possibile, ridando loro amore, nutrimento e dignità.
 



Dott.ssa Vitalia Murgia


Inserito giovedì 12 novembre 2015


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