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Perché noi israeliani? Sul boicottaggio accademico
Forse sarebbe più utile per l'Accademia di Israele di dirigere la sua rabbia contro il governo e chiedere che finalmente ponga fine a questo muro

La linguista e attivista israeliana TANYA REINHART, docente all’università di Tel Aviv per più di 20 anni e morta a New York all'età di 63 nel 2007, era una vitale e rara voce israeliana che non veniva mai meno quando si trattava di criticare le sistematiche violazioni israeliane dei diritti dei palestinesi, compreso compiere il sacrificio professionale di contribuire al discorso sul boicottaggio accademico di Israele. L'articolo che segue, scritto nel 2005, ci ricorda il vuoto che ha lasciato dietro di sé.

The Electronic Intifada 19 March 2007
https://electronicintifada.net/content/memoriam-tanya-reinhart/6820

PERCHÉ NOI [ISRAELIANI]? SUL BOICOTTAGGIO ACCADEMICO
TANYA REINHART

Una decisione di boicottaggio - come quella approvata dall’Associazione britannica dei docenti universitari di boicottare due università israeliane - solleva naturalmente clamore tra gli israeliani. Perché noi? E perché proprio ora quando i negoziati con i palestinesi potrebbero essere ripresi?

Può essere utile, tuttavia, riflettere su come il mondo ci percepisce. Nel luglio 2004, la Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja ha stabilito che Israele deve smantellare subito le parti del muro che sono state costruite su terre palestinesi. Abbiamo ignorato la sentenza. Stiamo trasformando la Cisgiordania in una prigione per i palestinesi, come abbiamo già fatto a Gaza nel corso di 38 anni di occupazione, ognuno dei quali è una violazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite. Dal 1993 siamo stati impegnati nei negoziati con i palestinesi, e nel frattempo, abbiamo continuato l'espansione degli insediamenti. Nella sua sentenza, la Corte raccomandava alle Nazioni Unite di imporre sanzioni a Israele nel caso la sua decisione non fosse applicata. La risposta israeliana era: non c'è bisogno di preoccuparsi! Fino a quando gli Stati Uniti ci sostengono, le Nazioni Unite non faranno nulla.

Agli occhi del mondo, la domanda è: che cosa si può fare quando le istituzioni competenti non riescono a far rispettare il diritto internazionale? Il modello di boicottaggio è tratto dal passato: anche il Sudafrica ha ignorato le risoluzioni delle Nazioni Unite. Anche a quel tempo l'Onu (sotto la pressione degli Stati Uniti) era riluttante a imporre sanzioni immediate. Il boicottaggio del Sudafrica è iniziato come movimento popolare promosso da individui e organizzazioni indipendenti. È cresciuto lentamente ma costantemente fino a quando finalmente è diventato un boicottaggio assoluto dei prodotti, dello sport, della cultura, del mondo accademico e del turismo. Il Sudafrica è stato gradualmente costretto ad abolire l'apartheid.

La comunità internazionale sta cominciando ad applicare a Israele lo stesso modello in tutti i campi, dallwe ruspe Caterpillar che demoliscono le case palestinesi, allo sport e alla cultura. Agli occhi della comunità internazionale, la questione rilevante è se l'Accademia di Israele ha il diritto, sulla base delle sue azioni, di essere esente da questo boicottaggio generale. Molti nell’Accademia israeliana si oppongono singolarmente all'occupazione come individui. Tuttavia in pratica, nessun Senato universitario israeliano ha mai approvato una risoluzione di condanna, ad esempio, della chiusura delle università palestinesi. Anche ora, quando il muro taglia fuori studenti e docenti dalle loro università, non si sente l'Accademia protestare. Il boicottaggio britannico è selettivo - due università sono state selezionati per segnalare all'Accademia israeliana che è sotto osservazione. Ma l'Accademia israeliana ha ancora la possibilità di uscire dal circolo vizioso del sostegno passivo dell'occupazione.

Rimane ancora un puzzle: perché solo noi? Perché viene preso di mira proprio Israele? Che dire della Russia in Cecenia? Che dire degli Stati Uniti?
Quello che gli Stati Uniti hanno fatto a Fallujah, nessun generale israeliano ha avuto ancora il coraggio di provare a farlo [la storia seguente smentirà questa affermazione, ndt]. Infatti, la logica del boicottaggio di Israele impone che anche il boicottaggio delle grandi potenze sia pienamente giustificabile. È solo perché al momento c'è una maggiore probabilità di successo nel fermare un piccolo stato che Israele è stato preso di mira. Tuttavia, se si fa un tentativo di salvare prima i palestinesi e almeno fermare il muro, possiamo denunciare questo sforzo come immorale? È forse più etico astenersi dal tentativo di salvare qualcuno fino a quando è possibile salvare tutti?

Come al solito, noi [israeliani] crediamo che la soluzione stia nella forza.
Quando la squadra di canestro di Valencia cercò di boicottare Israele nel marzo 2004 e annunciò che non avrebbe partecipato al Coppa dei campioni se avesse avuto luogo in Israele, il rullo compressore fu messo in moto. Furono fatte circolare minacce e voci sui contratti, fino a quando Valencia fu costretta a cedere e a giocare qui. Allo stesso modo, nel caso del boicottaggio accademico, la lobby israeliana globale ha rintracciato, uno dopo l'altro, coloro che hanno dichiarato di sostenere il boicottaggio e ha cercato di rendere la loro vita miserabile. Il tentativo da parte dell'Università di Haifa di cacciare il dottor Ilan Pappe nel 2002 non è stato istigato dalla vicenda Teddy Katz, ma perché il dottor Pappe ha apertamente sostenuto il boicottaggio e firmato la petizione originale inglese che lo chiede.

È possibile che la ruspa, che è diventata il simbolo di Israele, riuscirà a invertire la decisione dell'Associazione dei docenti universitari in Inghilterra. Tuttavia questo impedirà ai ricercatori di boicottarci in silenzio, senza coinvolgere i media? Forse sarebbe più utile per l'Accademia di Israele di dirigere la sua rabbia contro il governo e chiedere che finalmente ponga fine a questo muro.

Questo articolo è apparso su Yediot Aharonot il 13 aprile 2005



Tanya Reinhart


Inserito martedì 2 febbraio 2016


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