30/04/2024
direttore Renzo Zuccherini

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Per la Piazza della cultura e della partecipazione
Nuova serie di adesioni, integrazioni, suggerimenti e commenti alla proposta di fare della Piazza una “zona franca” della cultura e della partecipazione: di seguito, le lettere di Vanni Capoccia, Daniela Chiavarini, Roberto Coli, Claudio Fondelli, Anna Maria Lattanzi, Anna Maria Marrani, Maria Antonietta Modolo, Parker, Stella Simonetti, Elisabetta Spaccini, Simonetta Stopponi, Maurizio Troccoli, Stefano Vinti, e Roberto Ciccone

che ha aderito telefonicamente alla proposta. L’adesione di alcuni personaggi politici - e in particolare del Presidente del Consiglio comunale, che ha diretta competenza in materia - è una novità rispetto alle autorizzazioni fin qui concesse praticamente senza opposizione, e mi auguro che ne seguano iniziative concrete e riconoscibili di rispetto per la città e per i suoi abitanti.
“La Tramontana” non solo continuerà a pubblicare interventi e commenti, che i lettori e le lettrici ci inviano e che naturalmente apprezziamo molto, anche per la capacità di arricchire la proposta, precisarla, e ricollegarla ai temi più complessivi della città; ma si impegna anche a prendere le iniziative (tra cui alcune suggerite da lettrici e lettori) che possano tener vivo il tema senza dover aspettare di indignarci per nuove, degradanti occupazioni dei luoghi pubblici cittadini.

Liberiamo la Piazza e facciamola ritornare "vivibile".
Anna Maria Marrani

Caro Renzo, sono totalmente d’ accordo con le tue considerazioni; credo che dovremo impegnarci a riaffermare il concetto di centro storico, e a maggior ragione dei suoi luoghi più rappresentativi, come bene comune e dunque non cedibile agli imprenditori di eventi; dovremmo batterci perché la concessione di spazi del centro sia riservata esclusivamente a manifestazioni ed espositori che promuovano le produzioni/tradizioni/eccellenze agroalimentari, artigianali, artistiche e culturali del nostro territorio e a soggetti che promuovono il commercio equo e solidale e stili di vita volti alla sostenibilità, usando strutture non invasive, comunque compatibili con lo stile architettonico della città e soprattutto non occupando gli spazi più significativi, come appunto la nostra amata Piazza. Per le manifestazioni puramente commerciali e che necessitano dei effetti coreografici vistosi e volgari come Eurochocolate o quest’ultima orribile trovata, credo sia perfetta l’ area mercato di Pian di Massiano, già abituata ad ospitare i “Baracconi” . Vorrei sottolineare una piccola cosa che però ritengo utile a capire il contesto in cui viviamo: secondo voi è normale che oltre agli scontati patrocini di Comune, Provincia, ecc.. Breakfest e le sue volgarità abbiano avuto anche quello del presidio Slow Food dell’Umbria? Un caro saluto
Daniela Chiavarini

Caro Renzo Zuccherini, condivido il dispiacere di constatare l'uso sconsiderato e spesso offensivo della Piazza (ma non soltanto) e aderisco volentieri alla proposta di ripensare i modi e i tempi della disponibilità degli spazi cittadini. Ma come? Non si potrebbe sollecitare l'amministrazione a promuovere un confronto sull'argomento? E non si potrebbero invitare i candidati al governo della città a prendere qualche impegno in vista della scadenza elettorale? Grazie per avere proposto l'argomento
Stella Simonetti

Caro Renzo, ho fatto girare il tuo appello, sono d'accordissimo, lo sai, non si riconosce più la necessità di luoghi d'incontro, anche se potrebbero essercene. Potremmo studiare proposte concrete, soprattutto per i tanti giovani studenti delle due università e delle scuole superiori. Tra coloro che hanno dimostrato interesse  vi sono alcuni amici universitari di varie facoltà, si potrebbe impegnarli a collaborare in concreto per proposte, anche coinvolgendo loro studenti. Buon lavoro e complimenti per il successo.
Maria Antonietta Modolo

Gent.le Renzo, io ho comunicato spesso con lei su  Perugia, mostrando la mia  tristezza della perdita del senso di città, del senso di appartenenza, del sentimento di cittadinanza. Una città che non riflette lo spirito di appartenenza non può produrre cultura, se non effimeri festival contenitori di culture "altre", di persone che passano e se ne vanno non offrendo arricchimento culturale, se non nel breve passaggio. Per es. l'attuale festival del giornalismo. Una opportunità, ma momentanea, non per tutti, ma solo per pochi che sanno o che possono. In realtà il residente è "escluso", è  SEMPRE SPETTATORE. e non può riflettere se stesso su questi eventi alieni.
 Per me cultura non è solo spettacolarizzazione, ma partecipazione, opportunità di esserci. Un po’ quello che succede nelle sagre di paese, dove c'è una partecipazione collettiva all'allestimento di un evento. Il problema è che Perugia non ha identità e senza identità quale cultura può produrre? lei sta proponendo qui, in questo giornale virtuale, un modello che può essere preso come esempio di partecipazione reale. Una possibilità aperta a tutti, e non alle solite "caste" di intellettuali in cerca di affermazione e qualche entrata ulteriore alle proprie finanze. Il problema può essere affrontato solo se il cittadino si riappropria della città, il cittadino delle associazioni, dei quartieri, i rappresentanti degli anziani, dei giovani delle scuole, dare voce e forza alle associazioni locali, alle caste della base, al volontariato attivo. Tutti si lamentano, ma sull'esempio di Legambiente, perchè non creare un gruppo di pulizia della città? magari armati di pennelli e tinture solo per cancellare quelle scritte dalle porte arrugginite dei garage  e per raccogliere le bottiglie sparse ovunque. Perchè non fare feste popolari nei parchi con giovani che sanno suonare, perchè non detrarre tasse della Gesenu se si espongono fiori dalle finestre? Anzi meglio ancora il festival del balcone fiorito. Perché non organizzare una manifestazione storica in cui si riveli l'antica Perugia, quella con gli artigiani alle porte? Far credere di essere città e non contenitore di barboni, studenti clandestini, commercianti frustrati e piagnucolosi. Lei ha ragione sulla selvaggia cessione del luogo pubblico al Mulino Bianco, ma personalmente avrei chiesto loro in cambio una spettacolarizzazione della storia di Perugia, che non è un mulino bianco, ma un bellissimo borgo che va rivitalizzato solo con buona musica d'autore. Le tradizioni vanno integrate al modernità, NEL RISPETTO  DEL LUOGO. E poi magari tra una musica e l'altra avrei offerto le merendine nocive allo stomaco, che sarebbero meglio digerite accompagnate dalle note. Avrei imposto questo allo sponsor per rendere felici i residenti.
Il problema è che chi gestisce la cosa pubblica non risiede a Perugia, ma a villettopoli, dove esiste una cultura di abuso del territorio agreste, dove il denaro è signore e acceca. La cultura è figlia dell'esperienza vitale, delle emozioni di un individuo che è anche un cittadino. Ma se gli stessi amministratori sono distratti dall' essere solo potere, si produce cultura della casta , vuota e senza anima e  ahimé non arriva da nessuna parte.
Anna Maria Lattanzi  

Caro Zuccherini,
leggo regolarmente le notizie e i commenti che via via mi arrivano, spesso condividendoli. Ancor di più in questa occasione! Rendersi conto che la Piazza IV Novembre è stata volgarmente offesa da una manifestazione di infima levatura, con il benestare dell'amministrazione comunale ci deve far molto riflettere!!!! Condivido quindi la proposta di far della Piazza una zona franca da "ogni" tipo di manifestazione (non dimentichiamoci dei primi concerti di Umbria Jazz liberi che provocarono il danneggiamento di alcune sculture della Fontana Maggiore, perchè alcuni vi si arrampicarono). Colgo l'occasione per segnalare insieme a tutto il degrado in cui versa il centro storico, anche quello di Piazza San Francesco, luogo ormai assai mal frequentato: di giorno divenuto "solarium" di quanti senza alcun problema si sdraiano più o meno discinti e bivaccano per ore insudiciando il prato, mentre altri indisturbati giocano a calcio, senza alcun pensiero per le pallonate che spesso arrivano dritte alla facciata di San Bernardino, tanto se si frantuma una statuetta di Agostino di Duccio ...; e all'imbrunire e di notte, come tutta la zona di via dei Priori, scale mobili e dintorni, diviene quartier generale di spacciatori e balordi accompagnati da feroci pitbull e simili, da aver paura a passare. Grazie per tutto
Elisabetta Spaccini

Ciao Renzo, una piazza, il concetto di piazza, può esistere soltanto fino a quando sarà, per dirla alla Capitini, di ognuno e di tutti.
E, forse, si può salvaguardare questo bene comune che è ogni piazza, pretendendo di poterlo guardare e farlo guardare a tutti con gli occhi incantati – e apparentemente assenti – di Sandro Penna.
Vanni Capoccia
 
La veneta piazzetta
antica e mesta, accoglie
odor di mare. E voli
di colombi. Ma resta
nella memoria - e incanta
di sé la luce - il volo
del giovane ciclista
volto all'amico: un soffio
melodico: "Vai solo?"
Sandro Penna
 
Sottoscrivo pienamente l'iniziativa di riportare la Piazza più importante della nostra città ad un aspetto e ad un uso più consono alle sue nobili tradizioni.
Anni fa, quando ero presidente del IX° Circolo Didattico di Perugia (Scuole di Porta Pesa: casa dei bambini ed elementare; Sant'Erminio: materna ed elementare; Casaglia: materna ed elementare; Montelaguardia: materna ed elementare; Enzo Valentini - Elce -: elementare) chiedemmo un incontro con l'allora assessore Boccali per risolvere il problema relativo al crescente trend di iscrizioni delle scuole ad indirizzo montessoriano (tutte le altre hanno un trend negativo, tanto che, o chiudono, o stanno per farlo!) che esigevano nuovi spazi: ci rispose che per queste scuole "d'elite" la cosa si sarebbe risolta (ovviamente dopo qualche buon anno) con nuovi edifici da costruire a Pian di Massiano. Evidentemente il Boccali non sapeva e non sa che le Scuole di Porta Pesa cui mi riferisco sono di antica tradizione per tutta la popolazione di Perugia e che, è vero, rappresentano un' elite, ma esclusivamente per il particolare metodo didattico che le contraddistingue! Io che le ho frequentate alla fine degli anni '40 ed agli inizi degli anni '50, ricordo che avevo tra i compagni di classe  figli  di professionisti, di artigiani di lavoratori autonomi, di lavoratori della campagna. E' stato un momento di crescita per tutti. Rappresentano un fiore all'occhiello, non solo per la città, ma per il mondo intero: e Perugia ne è tuttora il riferimento istituzionale.
Perché Boccali, o chi per lui o insieme a lui, non trasportano a Pian di Massiano, invece che le Scuole Montessori, certe manifestazioni, volgari e fatte solo per far fare soldi a pochi (o fonte di introiti nascosti anche per le casse comunali?) e riportano Piazza IV Novembre e l'intero Centro Storico ai livelli di civiltà e di eleganza che li caratterizzavano?
Roberto Coli

Caro Renzo condivido pienamente quanto argomenti con particolare precisione, ricostruzione storica e sagacia nel tuo articolo “Liberiamo la piazza” e per questo aderisco favorevolmente alla proposta che lanci per Perugia e il suo splendido centro storico.
Abbiamo una forte necessità di recuperare la piazza come spazio pubblico e civico e dobbiamo ridare senso a una funzione sociale del nostro centro storico. In questi anni abbiamo assistito a una progressiva sottrazione di spazi della socialità a favore di grandi kermesse commerciali, da una parte, ma abbiamo visto anche il proliferare dei “non luoghi” caratteristici della città postmoderna, i centri commerciali, che oltre a spersonalizzare e a riempire la difficoltà di comunicazione e di socializzazione con la trasformazione dei cittadini in consumatori frenetici, hanno contribuito a mettere in seria difficoltà, se non a schiacciare, le tante attività commerciali e artigianali di piccola dimensione che caratterizzavano il nostro tessuto urbano.
Non voglio commentare l’ennesima svendita del centro in occasione di Breakfast – concordo davvero con quanto dici e con i vari commenti al tuo articolo; però quella scelta, così come la caparbia determinazione a moltiplicare i centri commerciali a Perugia (l’ultimo – solo in ordine di tempo, temo - sarà l’arrivo dell’Ikea), ci parlano di come l’amministrazione della città abbia saputo essere così poco autonoma dai poteri forti che condizionano lo sviluppo urbanistico dei nostri territori. Parlo delle “tre c” (cavatori, cementieri, costruttori), protagonisti di quel ciclo del mattone che costituisce in maniera ipertrofica parte rilevante del tessuto produttivo e della produzione del valore aggiunto nella nostra regione. Oltre a produrre uno sviluppo di bassa qualità, una occupazione con pochi diritti, a basso reddito e temporanea, impone ai governi delle città una idea e un modello di assetto del territorio che cementifica il nostro paesaggio, cancella le piazze e moltiplica i centri commerciali (sul modello passato delle mall americane, mentre negli Usa si riscopre il gusto del piccolo esercizio e del ritorno ad una tradizione di qualità, con un rapporto molto più personale con il cittadino cliente). A questa idea di città va posto un freno, anzi occorre una vera e propria svolta nel modello di sviluppo. Perugia ne ha urgente necessità.
Stefano Vinti

Caro Zuccherini, ti scrivo da Perugianews. Leggo con interesse le tue segnalazioni. Se vuoi, il portale nostro può ospitare tuoi articoli e contributi. Se lo ritieni opportuno saremmo lieti di pubblicare un tuo articolo sull'iniziativa liberiamo la piazza. Inoltre se vuoi col sistema rss possiamo lincare il tuo sito o blog. Grazie, ciao.
 Maurizio Troccoli

Sono perfettamente d'accordo. Io direi di togliere anche tutti i tavoli dei dal Corso. Inizialmente era sopportabile ora mi pare non lo sia più. Più che un'area pedonale mi sembra un'area ristoro Quando c'è un po’ di affollamento o si creano dei sensi unici pedonali (chi da piazza Italia va verso il Duomo passa a destra e viceversa) o chi passeggia è costretto a continue spallate. Tra l'altro non capisco neanche chi piace mangiare mentre viene osservato da quanti passegiano. Anche dal punto di vista turistico ritengo che con gli ombrelloni si perdano anche le prospettive di quello che è il magnifico cuore della città. Saluti
Parker

Condivido il senso della proposta di Zuccherini contenuta nell’articolo, concordando sulla necessità di valorizzare maggiormente la funzione "sociale" degli spazi pubblici, a partire dal luogo-simbolo della città, piazza 4 Novembre. Ritengo tuttavia utile aggiungere una chiosa alla proposta perchè sarebbe - a mio avviso - un errore, non privo di conseguenze negative, ridurre il complesso tema dell’uso della città alla dicotomia “commerciale,specie nella forma della media e grande distribuzione/valore negativo - sociale/valore positivo”. In primo luogo perchè lo scambio (il commercio) è una funzione sociale (anche se in parte svilita dalla tendenza all’iperconsumismo manifestatasi negli ultimi anni), una delle prime e più profonde modalità di interrelazione tra gli individui che continua, anche oggi, ad occupare uno spazio centrale nella vita dell’uomo. I centri storici sono nati e si sono sviluppati in funzione della necessità di difendersi dall’attacco degli agenti esterni e – soprattutto – di facilitare lo scambio; la prima forma di spazio aperto della città (in epoca romana, prima e medioevale, poi) è stato il Mercatale. In secondo luogo perchè l’accesso a beni e servizi non può e non deve essere limitato ai piccoli esercizi. L’economia di scala rappresenta spesso un fattore determinante nella definizione del prezzo di accesso ad un bene o ad un servizio (il così detto basso costo, low-cost) e dunque la presenza della media e grande distribuzione rappresenta un fattore essenziale nella calmierazione dei prezzi e nell’allargamento dell’accessibilità al consumo delle fasce di popolazione meno abbienti (come nel caso del colosso Ikea che permette, a prezzi contenuti, di accedere ad una gamma di prodotti di arredamento caratterizzati da un design riconoscibile e non dozzinale, diversamente accessibili solamente ad un numero molto più ristretto di persone). Come sarebbe un errore ritenere che il diffondersi della media e grande distribuzione degli ultimi anni sia dovuto prevalentemente a ragioni speculative (che esistono ma rappresentano un effetto della diffusione del fenomeno e non la causa) e non dalla profonda modificazione dello stile di vita delle persone, caratterizzato da una sempre maggiore mobilità sul territorio (per lavoro, studio, relax, etc.) e dalla compressione del tempo disponibile che rende sempre più necessario (dato che questo processo è irreversibile, allorché sia possibile – e necessario - ridurre il suo impatto sul sistema ambientale) disporre di un accesso ai beni/servizi tendenzialmente unificato (compresenza di un vasto numero di settori merceologici e servizi), rapido (posizionato lungo le direttrici di scorrimento della mobilità) e comodo (dotato di ampie aree per la sosta dei veicoli). Non è infatti un caso se negli ultimi dieci anni gli spazi commerciali hanno surrogata sempre più la funzione sociale dei centri urbani storicizzati, dando vita a luoghi sempre più ibridi, come ci segnalano da tempo i più importanti sociologi del paese. Ignorare o semplicemente sottovalutare tali aspetti (e le implicazioni ad essi connessi) nel definire le politiche di governo del territorio di una città equivale – con alta probabilità – ad ottenere un risultato esattamente opposto a quello auspicato, ovvero il sostanziale abbandono dei centri storici (con la conseguente morte certa – e non a causa della grande distribuzione – dei piccoli esercizi commerciali di prossimità). Poiché non è con il divieto che si governano i fenomeni e le tendente sociali ed economiche in atto che, qualora bandite da un determinato ambito territoriale (nel nostra caso il territorio comunale), troveranno certa ospitalità in un’altro (con la migrazione sociale ed economica che ne consegue). La soluzione dunque non risiede nel promuovere crociate contro la media e grande distribuzione o nel “liberare” lo spazio pubblico del centro storico dalle funzioni e dagli eventi commerciali ma in una regolamentazione che sappia coniugare accessibilità ai beni/sevizi (promozione del basso costo della media e grande distribuzione) con la tutela dei piccoli esercizi di prossimità attraverso la differenziazione dell’offerta e la sua integrazione con le attività ludiche e ricreative (nel caso dei piccoli esercizi del centro storico, a titolo esemplificativo, aumentando la flessibilità degli orari di apertura e stimolando l’afflusso con l’integrazione all’offerta culturale) e soprattutto facilitando l’accesso alle aree centrali, allargando le fasce orarie di esercizio del trasporto pubblico e implementando le infrastrutture della mobilità.
Post scriptum: Nel valutare l’operato dell’amministrazione comunale degli ultimi anni, oltre a porre l’accento su ritardi e inadeguatezze che sicuramente ci saranno stati, inviterei a ricordarsi anche dell’importante risultato ottenuto con la realizzazione del Minimetrò, senza il quale, il parlare oggi del futuro del centro storico rischierebbe di essere quasi esclusivamente un esercizio di stile. [http://blog.libero.it/territorio/]
Claudio Fondelli

Come si può degradare una piazza così bella e così ricca di storia?
Simonetta Stopponi



Renzo Zuccherini

Inserito sabato 4 aprile 2009


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Commenti

Nome: Michele Cassioli
Commento: Salve Renzo, concordo pienamente... Ma penso che questo ultimo (squalllido) 'happening' della colazione in piazza non faccia altro che confermare l'intenzione della nostra Amministrazione di distruggere il centro storico inteso nella accezione vera e mutarlo in un centro commerciale (commerciale ma non pensando certamente ai negozi del centro quanto alle casse del comune), magari con tanti parcheggi (ma il minimetro' non doveva servire a diminuire il traffico in centro?) Eppure iniziative valide e che negli ultimi tempi hanno riportato gente (i Perugini) in centro ci sono state e ci sono (anche grazie all'ottimo Cernicchi). Penso che per rivalutare gli spazi storici di Perugia il miglior metodo sia quello di ripopolarli, di essere presenti e quindi dare modi e pretesti alle persono di frequentarli. Certamente pero' non con iniziative che portano gente che non ha il minimo interesse se non quello delle merendine, magari gettando la carta in terra, o riempiendo il Corso con decine di tavoli da sfoggio e mettendo invece pochissimi cestini.

Redazione "La Tramontana"- e-mail info@latramontanaperugia.it
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