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25 aprile 2020
Sembra necessario far riflettere, soprattutto i giovani, sul ruolo della Resistenza attiva, armata e disarmata, sulle violenze tedesche e fasciste contro la popolazione civile, sulla partecipazione femminile a tutte le forme d'impegno e di lotta, sul dramma della deportazione razziale e politica

Quest’anno la ricorrenza del 25 aprile assume un tono particolare: la pandemia ci costringe a restare a casa, ma l’Istituto, pur attraversando un momento delicato della sua storia, c’è. Aderendo infatti alla campagna social #RaccontiamolaResistenza, avviata dall’Istituto Nazionale Ferruccio Parri e dagli altri 65 istituti della rete il 29 marzo su Facebook, Twitter e Instragram, presenterà come proprio contributo un tour virtuale alla mostra "R-Esistenze. Umbria 1943-1944", la riproposizione del documentario "La Pavoncella becca sul prato", realizzato in collaborazione con la sede regionale Rai e un video di Tommaso Rossi sulla liberazione dell'Umbria, che entrerà nella maratona virtuale che il Parri ha in programma a partire dalle ore 9 del 25 aprile.

A distanza di 75 anni da quel 25 aprile 1945, l’acquisizione di conoscenze, di fonti e di metodi più ricchi e sofisticati, rende possibile delineare una storia della Resistenza sgombra di intenti elogiativi e anche più consapevole di quanto sia ormai indispensabile immergere le vicende della guerra partigiana in una più complessiva storia della società italiana nella crisi europea del ’43 – ’45.

Sembra necessario far riflettere, soprattutto i giovani, sul ruolo della Resistenza attiva, armata e disarmata, sulle violenze tedesche e fasciste contro la popolazione civile, sulla partecipazione femminile a tutte le forme d'impegno e di lotta, sul dramma della deportazione razziale e politica.

Ne deriva l’importanza di un approccio centrato non sulla Resistenza ma sulle Resistenze, al plurale.

Esiste un tessuto di solidarietà molecolare nel Paese che prescinde dalla scelta politica, ma che rappresenta il presupposto, la condizione per la nascita e la formazione di una nuova identità collettiva. In questo modo si costituisce un circuito radicalmente alternativo alla precedente idea di nazione. E questo è proprio il merito e l'orgoglio del nostro Paese. Nel momento del crollo della vecchia ideologia, cresce e si sviluppa negli italiani il presupposto di un'identità democratica.

La democrazia non si fonda sui valori dell'odio verso il nemico, sui principi di un Paese armato che deve affermare la sua potenza nel mondo; essa, al contrario, si basa sul senso della solidarietà fra gli uomini e sul riconoscimento del binomio diritti-doveri come costitutivo della cittadinanza democratica.

Il problema, dunque, non è quello di sostituire alla Resistenza armata la Resistenza civile, ma di ammettere la presenza di varie forme di Resistenza: la Resistenza armata; quella dei militari italiani (quasi 600 mila) che rifiutarono di ubbidire ai nazisti e furono deportati in Germania nei campi di concentramento, la solidarietà spontanea popolare agli ebrei, agli sfollati.
Né va dimenticato il contributo fondamentale delle centinaia di migliaia di persone che offrirono aiuti, cibo, informazioni, vie di fuga ai partigiani e a militari alleati; e dei tanti giusti delle Nazioni che si prodigarono per salvare la vita degli ebrei, rischiando la propria.

Non è una cosa irrilevante che gli italiani abbiano concepito, a rischio della vita, un modo di stare insieme fondato sul valore della persona umana, un’eredità che hanno conservato gelosamente e che anche in questi momenti drammatici di crisi del Coronavirus hanno dimostrato e continueranno a dimostrare all’Europa e al mondo.

Dobbiamo chiederci se dopo 75 anni esistono ancora aspetti di quel periodo che possano essere un punto di riferimento per l'immediato futuro. Io ritengo di sì perché quell’aver vissuto insieme, tutti gli italiani, donne e uomini, combattenti e non, un momento di eccezionale rilievo morale è forse l'eredità della Resistenza intesa nel suo significato più profondo e comprensivo. Il 25 aprile del 1945 nasceva, dalle rovine della guerra, una nuova e diversa Italia, che troverà i suoi compimenti nelle prime elezioni libere del 10 marzo, nel 2 giugno del 1946, con la scelta della Repubblica e il primo gennaio 1948 con la nostra Costituzione.

Il 25 aprile vede la luce l’Italia che ripudia la guerra e s’impegna attivamente per la pace. L’Italia che, ricollegandosi agli alti ideali del Risorgimento, riprende il suo posto nelle nazioni democratiche e libere. L’Italia che pone i suoi fondamenti nella dignità umana, nel rispetto dei diritti politici e sociali, nell’eguaglianza tra le persone, nella collaborazione fra i popoli, nel ripudio del razzismo e delle discriminazioni.

Buon 25 aprile a tutti

Prof. Mario Tosti

 



Istituto per la storia dell'Umbria contemporanea

Inserito sabato 25 aprile 2020


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