In classe: distanziamento fisico, non sociale
Il neuropsichiatra infantile Vicari: "Senza scuola i nostri ragazzi non perdono solo le lezioni. Perdono lo specchio che gli permette di capire chi sono, come funzionano le loro emozioni"
Le immagini di classi danesi cui gli insegnanti fanno lezione all'aperto facendo mantenere agli allievi la giusta distanza mi hanno fatto pensare a quanto scritto da Italo Marinelli: "credo che usare il termine distanziamento fisico sia più giusto e umano che parlare di distanziamento sociale... Teniamo lontani i corpi, non sputiamoci addosso ma avviciniamo le nostre anime". Italo è un pediatra ospedaliero, ha a che fare ogni giorno con i bambini, sa quanto sia indispensabile nel suo lavoro oltre alla competenza la vicinanza e l'umanità. Anche Locatelli uno degli esperti del governo che abbiamo conosciuto nelle giornaliere conferenze stampa della Protezione civile è pediatra, forse è per questo che era uno dei più apprezzati per l'umanità associata alla competenza che trasmetteva. Le parole sono importanti perché non sono neutre ma figlie di un pensiero. Per questo è importante parlare di distanziamento fisico e non di distanziamento sociale. Anche se con entrambi le frasi intendiamo il paio di metri che ci rassicurano dal Covid 19 non dicono la stessa cosa, quello sociale allontana le anime quello fisico, come dice Italo, le avvicina. E guardando quei ragazzi e quelle ragazze danesi, seduti ai loro banchi o fare ginnastica a distanza fisica li vedo socialmente uniti l'uno all'altro e ai loro insegnanti. Si può fare classe anche al tempo del Covid, pure in Italia, basta avvicinare le proprie anime tenendo alla giusta distanza i corpi anche perché come ha detto in un'intervista al quotidiano La Repubblica il neuropsichiatra infantile Vicari: "Senza scuola i nostri ragazzi non perdono solo le lezioni. Perdono lo specchio che gli permette di capire chi sono, come funzionano le loro emozioni".
Vanni Capoccia
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