19/04/2024
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Isole pedonali: Perugia, un esempio da non imitare
Quaranta anni fa la prima isola pedonale. Ed ora?

(Foto Cesare Barbanera)

Il 30 dicembre 1980 il Colosseo di Roma smise d’essere una rotonda automobilistica. Intorno gli crearono un’isola pedonale, liberandolo dal rumore dei clacson e dai fumi delle automobili lo restituirono ai cittadini e ai turisti. Da allora sia a Roma che in altre città italiane ne seguirono altre, memorabile quella bellissima di Piazza Plebiscito a Napoli da anni una distesa d’auto parcheggiate. Tralasciando Siena, un caso a sé con tutto il centro storico pedonale, di isole pedonale ne sorsero in tutta Italia compresa Perugia che restituì ai pedoni Corso Vannucci e piazza IV Novembre allargandola progressivamente a via Mazzini e piazza Italia che insieme ai giardini Carducci e ai vicoli intorno al “Corso” inadatti alle auto andarono a formare una discreta area.

E il “Corso” tornò a essere il luogo dove s’andava a piedi per entrare in un bar o in un negozio, incontrarsi, innamorarsi, discutere, trescare, confabulare, passeggiare, guardare e farsi guardare.

Spazio pubblico che informalmente si riempe e si svuota in base ai ritmi stabiliti dalle persone. Un processo virtuoso che mano a mano che la “società dei consumi” permeava ogni modo d’essere e pensare s’è interrotto un po’ in tutta Italia in controtendenza rispetto al resto dell’Europa occidentale che va spedita verso trasporto pubblico ecologico, aree pedonali, spazi verdi in ogni quartiere. Tornando addirittura indietro com’è successo a Perugia dove le foto con le auto che invadevano il “Centro” diventate un ricordo del passato sono tornate a occupare le pagine dei media e quelle social dei cittadini. E dove ora la poca Ztl rimasta è fittizia, le auto invadono con la sosta selvaggia ogni angolo del Centro storico, Piazza Italia è una rotatoria così come di fatto lo è anche Corso Vannucci con mezzi di qualsiasi tipo che l’attraversano e in piazza IV Novembre viene segnalata di continuo la sosta selvaggia. Mentre il poco spazio rimasto è in gran parte privatizzato e occupato da tavolini per cui ai pedoni, che dovevano essere i protagonisti della rivoluzione iniziata a Roma, di spazio pedonale ne è rimasto poco o punto relegati di conseguenza non più a protagonisti dello “struscio” al centro dello spazio ma messi di lato nel ruolo di comparse cui è consentito solo di guardare i nuovi protagonisti: i consumatori seduti ai tavolini.

Adesso per regolamentare il traffico verso la cima di Porta Sole e piazza Piccinino installeranno addirittura un semaforo in Piazza Danti, un intervento che, come segnalato dall’architetto Monella, “porterà inevitabilmente ad un aumento del traffico, dell’inquinamento e alla scomparsa della memoria dei luoghi. (mentre) E’ stato totalmente ignorato il sistema delle tre piazze, cioè quella sorta di continuità indissolubile esistente tra Piazza Danti, Piazza Piccinino e Piazza Quattro Novembre”.

Insomma una volgarizzazione della città che invece con l’aiuto di competenti di varie discipline (urbanistica, sociologia, mobilità, commercio, storia dell’arte, architettura) avrebbe bisogno da parte della politica e dell’Amministrazione comunale d’un pensiero caldo e una visione complessiva che abbracci tutta la città. Persone consapevoli del fatto che la città è il luogo delle donne e degli uomini e da essi viene disegnata e vissuta contribuendo a farla sentire non tanto un contesto urbano senz’anima dove semplicemente si sta, si consuma e si viene consumati ma il luogo dell’anima dove insieme si percepisce l’altro, si convive, si costruisce la qualità della vita di ognuno, di tutte e di tutti.

Dal 30 dicembre 1980 le nostre città, compresa Perugia, iniziarono a capire che non si poteva sopportare una città soggiogata dal traffico, avviandosi a diventare diverse e un po’ migliori di com’erano. A quarant’anni di distanza con tutti i passi indietro fatti nella gestione della mobilità cittadina; nel mezzo d’una crisi ecologica planetaria; invasi come siamo da una pandemia che ci fa provare paure antiche e moderne inducendoci a cambiare il modo di stare con noi stessi e con gli altri è evidente quanto le disuguaglianze, i fattori sociali, ambientali, economici, la mobilità cittadina incidano sulle possibilità d’ammalarsi.

Una situazione che impone una riflessione sulla Perugia che vogliamo per noi e per chi verrà dopo di noi, sentendoli sin da ora concittadini ai quali lasciare una città non consumata che sappia offrire nuove e diverse possibilità, trasporto pubblico, piste ciclabili dove possibile, aree pedonali e verde pubblico in ogni suo centro. Una città che fondi se stessa non solo sugli “aperitivi”, ma sia attenta anche ad altro a partire dalla cultura, dalla cura dei luoghi, dall’aria che si respira, dall’attenzione ai giovani. Una città che, come lo fu con l’apertura dell’isola pedonale in corso Vannucci, voglia essere al passo con i tempi, ambiziosa di precederli.






Cesare Barbanera, Vanni Capoccia

Inserito lunedì 28 dicembre 2020


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Commenti

Nome: Giap
Commento: C'avemo 'n sind'co de cartavelina / che n' dice gniente da la sera a la matina

Nome: francesco
Commento: per essere stata la prima città a chiudere il centro storico è una bella figura... sig! direi che è giunta l'ora di riaprire corso vannucci alle auto!!!

Nome: Claudia
Commento: C'avemo 'n sindaco trasparente / nnel vede manco co' la lente

Nome: Paolo Bianchi
Commento: rimango sempre sorpreso da un sindaco che non ha mai niente da dire. E' incapace di esprimere un pensiero poco poco complesso, dice solo banalità

Nome: Silvana Bavicchi
Commento: è questo che ci vorrebbe su Perugia: una riflessione sulla città

Nome: Giap
Commento: A Perugia abbiamo fatto, e stiamo facendo, come i gamberi

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