Il Palazzo perugino delle Poste è una delle più interessanti testimonianze liberty di Perugia. Si trovava nel cuore del mercato cittadino tra Via Nuova (l’attuale Via Mazzini) e la piazza del mercato (l’attuale Piazza Matteotti), pur se ingombrante per il contesto che lo circonda era nel luogo esatto per un’attività rivolta ai mercanti e alle categorie popolari della città.
Con i suoi due corridoi d’ingresso forma una specie di galleria coperta che se si fosse realizzata la copertura di Via Mazzini come proposto da Leonardo Servadio avrebbero realizzato insieme un percorso pedonale di grande valore capace di mettere in connessione contemporaneità, Italia post unitaria, Rinascimento e Medioevo.
Un percorso quello delle poste arricchito da lampadari e cancelli liberty in ferro battuto, opera di Paride Rosi, fabbro con bottega in via Pintoricchio, esempio d’artigianato di alta qualità, che sbucando in piazza Matteotti mostra due lampioni in ferro. Una volta degni di nota, abbelliti da vetrini provenienti dallo studio Moretti Caselli, ora ridotti in condizioni pietose divorati come sono dalla ruggine e privi di alcune lampade forse cadute per la corrosione subita dalle viti che le sostenevano.
Due lampioni che invece di rappresentare, come hanno fatto in passato, il meglio di una città, ne danno un’immagine indecente avviandosi a diventare anche pericolosi.
Un problema per la cui soluzione il Comune non può limitarsi a dire “sono delle Poste” (se è così). Ma evitando i soliti rimpalli di responsabilità tra Poste, Comune, Soprintendenza dovrebbe prendere con decisione la palla in mano per risolvere con il restauro dei due lampioni e successiva ricollocazione in loco un problema annoso impedendone il deposito chissà dove, perché ne va del decoro e della salvaguardia di due beni storico-artistici cittadini che caratterizzano la seconda piazza di Perugia e sono esempio del sapere e del fare bene dei suoi artigiani.